CineMachine | La storia del cinema. I film muti – Parte 1

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Avete iniziato a manifestare un’interesse per il cinema, ma non sapete da dove iniziare? Ecco allora un articolo fatto su misura per chi vuole iniziare un percorso per avere una buona base per immergersi nel mondo del cinema. E quale inizio potrebbe mai essere migliore del silent movie o, tradotto, del cinema muto?

Oltre ad essere alle origine della cinematografia, per come la intendiamo noi oggi, nel puro senso cronologico, il cinema muto ha saputo regalare ai suoi spettatori dei veri e propri capolavori che hanno gettato le fondamenta di molti generi cinematografici, come, per esempio, la fantascienza e l’horror. Dai primi kollosal italiani ai feuilletons francesi, dall’espressionismo tedesco alle comiche di Buster Keaton e di Charlie Chaplin, il mondo del cinema muto è stato sempre molto ricco di storie che chiedono solo di essere viste ed ascoltate senza alcun tipo di pregiudizio.

La prima pellicola che vi consiglio è un corto di circa cinquanta secondi girato dai fondatori ufficiali del cinematografo, ovvero i fratelli Lumière. Questo corto porta il titolo di L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat e fu una delle prime pellicole presentate in una sala cinematografica. In realtà, più che per la bellezza in sé, questa pellicola è il ricordo romantico di un inizio. L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat è una delle prime rappresentazioni della vita quotidiana ed una delle prime affermazione del primo cinema documentarista (realista) nella storia del cinema. Inoltre è molto nota la storia di questa prima proiezione, in cui sembra che gli spettatori fuggissero a gambe levata dalla sala cinematografica per il terrore di essere investiti dalla locomotiva di passaggio. Sorvolando su questo stupefacente fatto, il successo dei fratelli Lumière sarà proprio dato dalla loro scelta di ritrarre la realtà familiare nel suo divenire, situazioni in cui il pubblico dell’epoca si poteva identificare molto facilmente.

Sarà proprio da una di queste proiezioni che uno degli spettatori, vedendo già ben oltre a ciò che il cinema era all’epoca, prenderà spunto per creare qualcosa di completamente nuovo e rivoluzionario. Sto parlando del maestro Georges Méliès e del suo capolavoro Le voyage dans la Lune del 1902. Con questa pellicola abbiamo un’introduzione a ciò che oggi noi riteniamo il genere di fantascienza. Liberamente ispirato a Dalla Terra alla Luna di Jules Verne e I primi uomini sulla luna di H.G. Wells, il film racconta di una spedizioni di scienziati partiti alla vota della Luna dove incontreranno degli strani abitanti che li prenderanno in ostaggio portandoli al cospetto del loro re. Un’opera visionaria che esprime a pieno il potenziale che il cinematografo aveva. Le scoperte tecniche fatte da Méliès giungevano da semplici intuizioni o sperimentazioni che lo portarono a scoprire l’utilizzo della luce naturale su di un set e l’utilizzo del montaggio per compiere sparizioni, decapitazioni, sdoppiamenti. Tutto questo perfezionando di continuo le sue tecniche, utilizzando il sistema dei modellini o delle carrellate, giungendo sino al cambiamento del punto di vista. Se avete visto “Hugo Cabret” (2011) di Martin Scorsese, quella narrata è la storia, un po’ romanzata, di Marie-Georges-Jean Méliès, conosciuto da tutti come Georges Méliès.

È un’epoca in cui il cinema è ancora molto avvinghiato alle regole del teatro, ma si comincia a prenderne le distanze in Italia, proprio la patria della lirica e dell’opera, con Cabiria (1914) di Giovanni Pastrone, forse uno dei film più importante di questo periodo a cui, non per altro, Gabriele D’Annunzio assocerà al suo stesso nome. Un film dall’enfasi nazionalista che, oltre ad una sceneggiatura dalla complessità estrema, gode di mezzi considerevoli che fanno spiccare le scenografie, ora ricreate per intero e non più solamente dipinte su di un telo. Fa risaltare l’importanza numerica degli interpreti e soprattutto dà molto più peso alla possibilità e capacità del regista di sperimentare con l’illuminazione, con il movimento della macchina da presa attraverso carrellate o l’impiego di dirigibili per riprese dall’alto. Inoltre è una delle prime apparizione in una pellicola dell’Ercole moderno Maciste, interpretato da un magnifico Bartolomeo Pagano.

Ritornando in Francia, si comincia a notare l’affetto che il pubblico nutre per i personaggi del cinema ed allora si comincia a pensare ad una produzione seriale, passando dal comico al poliziesco. Qui cito molto volentieri Les Vampires (1915) di Louis Feuillade. Con questa serie il regista (oramai lo possiamo chiamare così) è più spinto verso il successo commerciale che non alla sperimentazione linguistica, come era stato per i suoi precedenti lavori. Si tratta di un feuilletton d’azione, nel quale il giornalista Guérande combatte una banda di criminali campeggiata dalla femme fatale Irma Verp (anagramma di vampire). Un’opera di successo che però si vide molto sottovalutata a causa della guerra che intercorreva in quegli anni e che costrinse gli operatori a lavorare molto in esterna e con pochissimi mezzi. Questo ovviamente pesò sul risultato finale della serie con molti vuoti narrativi, ma che non intaccano la bellezza e la purezza di quest’opera.

Attraversiamo l’Atlantico per giungere infine negli Stati Uniti, dove il cinematografo è giunto in quegli stessi anni, e gli americani ne hanno avvertito il grandissimo potenziale. Difatti sarò proprio lo Stato del Kentucky a dare i natali al primo grande cineasta della storia del cinema: David Wark Griffith. Nel giro di appena un anno dalla sua entrata  nel mondo della cinematografia, Griffith si affermò impetuosamente con Nascita di una nazione (1915), un film ambientato durante la guerra di Secessione americana che vede protagonisti due famiglie delle due diverse fazioni, messe a dura prova dalle difficoltà della guerra: gli Stoneman (nordisti) e i Cameron (sudisti). A guerra finita i problemi non sembrano essersi risolti: l’assassinio di Lincoln e lo scompiglio generale generato dalla corruzione politica e dagli ex schiavi neri lasciati liberi portano il paese nel caos. L’unico baluardo di luce, secondo il regista, sembra la nascita di un’organizzazione atta a ripristinare l’ordine … il Ku Klux Klan. Al di là del carattere apertamente razzista dell’opera, la pellicola è un vero e proprio capolavoro della storia del cinema che aprirà la via al genere western. Le tecniche utilizzare sono innovative ed hanno influenzato numerosi cinearti, compreso Ejsenstejn, il quale scrive di Griffit: “È dio Padre. Egli ha tutto creato, tutto inventato. Per quanto mi riguarda gli devo tutto”. C’è da dire, però, che Griffith studiò molto attentamente una copia di Cabiria da cui prese ispirazione per i questo film ed i successivi, rendendoli parallelamente dei kolossal strepitosi.

 

Ahimè, qui si conclude la prima parte di questo articolo. Ci vediamo nella seconda parte dove continueremo e concluderemo il nostro viaggio nel mondo del cinema muto.