CineMachine | Toro Scatenato

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REGIA: Martin Scorsese
CAST: Robert De Niro, Joe Pesci, Cathy Moriarty, Frank Vincent, Nicholas Colasanto, Theresa Saldana, Mario Gallo, Johnny Barnes, Frank Adonis, Joseph Bono, Frank Thopam, Lori Anne Flax, Luciano Charles Scorsese, Don Dunphy, Bill Hanrahan, Rita Bennett
GENERE: sportivo, biografico, drammatico
DURATA: 129 minuti
DATA DI USCITA: 21 febbraio 1981 (Italia)

Il cinema non è cinema senza Martin Scorsese. Iniziamo la nostra rubrica di CineMachine con un’altra e nuova recensione di un classico del cinema.

Scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti nel 1990 ed inserito al ventiquattresimo posto della classifica dei migliori cento film statunitensi di tutti i tempi dall’American Film Institute nel 1998, mentre dieci anni dopo, nella lista aggiornata, è salito al quarto posto. Fra le opere più importanti nate dalla collaborazione tra il regista Martin Scorsese e l’attore Robert De Niro: Toro Scatenato.

Nel titolo originale, Raging Bull, il film è uscito nel 1980 e narra la storia dell’ex pugile statunitense, campione mondiale dei pesi medi (1949 – 1951), Jake LaMotta, soprannominato il Toro del Bronx o Toro Scatenato. Difatti, il film è stato ispirato dalla sua autobiografia, Ragina Bull: My Story, adattata da Paul Schrader e Mardik Martin.

Robert De Niro, doppiato in italiano da un incredibile Ferruccio Amendola, interpreta la parte dell’ex pugile: un uomo paranoico, impulsivo, seviziato dalla bramosia di diventare un campione ed incapace di tenersi stretti gli affetti famigliari e degli amici. Cresciuto nel Bronx, Jake si allena tenacemente con il fratello Joey LaMotta, suo manager, interpretato da Joe Pesci, per raggiungere e conquistare il titolo di campione.

È la prima pellicola in cui la coppia, formata da Robert De Niro e Joe Pesci, appare e sarà proprio il duo ad essere protagonista di altri due film di Scorsese, tra i quali Quei Bravi Ragazzi e Casinò. Ovviamente tutti consigliati caldamente alla vostra visione e critica. Adesso dovrebbe esserne uscito un altro in cui è presente la coppia, sempre con Martin Scorsese alla regia, intitolato The Irishman, in cui appare anche il favoloso Al Pacino.

Purtroppo la storia si fa molto tragica, vedendo il pugile che si rifiuta di andare al tappeto sul ring, pur essendoci già a livello personale e psicologico. Vediamo il protagonista nella scena di apertura, infiocchettato nel suo bello smoking, mentre di sta preparando per il suo spettacolo. È il 1964 a New York e sulla scena, dipinta in un bellissimo bianco e nero, lui commenta, dicendo: “La mia non è stata una vita squallida”. Chiave di volta che si ripercuoterà su un finale veramente struggente che lascia lo spettatore senza parole.

Jake LaMotta è un uomo testardo e violento, che non vuole essere comandato da nessuno, al di fuori che da sé stesso. Il suo sogno è sospeso, in mano all’influenza di certi individui che controllano il quartiere, e solo regalando qualche incontro come perdente, LaMotta riuscirà ad avere la sua occasione e diventare un campione del pugilato. Il successo però lo porta ad una condizione estrema, costellata di gelosia, paranoia e violenza. Jake fallisce sia come marito che come fratello, riuscendo a mandare a monte due matrimoni, di cui uno abbastanza duraturo con Vickie (Cathy Moriarty), e anche il rapporto con il fratello Joey. Alla fine ciò che resta è un pallone gonfiato che, oltre alla mera metafora, si mostra con il suo fisico ormai non più come quello di un atleta.

Invero, De Niro aumentò di ben 30 chili per recitare la parte del vecchio LaMotta, mostrando così una performance interpretativa estrema che rivelò l’impegno dell’attore nel rendere il più veritiero possibile il personaggio. Difatti, l’interpretazione di De Niro è unanimemente considerata come una delle più intense di tutta la storia del cinema, ovviamente non solo per la metamorfosi fisica, ma per l’interpretazione nel suo complesso e fu meritatamente premiata con l’Oscar al miglior attore. Anche Joe Pesci, nella sua interpretazione, devo dire, fu davvero strabiliante, dimostrando le sue reali capacità come attore, che gli valse la candidatura all’Oscar come miglior attore non protagonista.

Il film è uno di quelli che bisogna gustare lentamente, perché il ritmo della pellicola non è di per sè veloce, ma anzi è molto graduale e lo si può apprezzare, non solo per il montaggio da Oscar di Thelma Schoonmaker, ma anche per lo stile: Toro Scatenato è girato, per la maggior parte delle scene, in bianco e nero e solo nelle scene del matrimonio tra Jake e Vickie si hanno delle scene a colori sbiaditi, riprese da un fotografo, a evidenziare la novità tecnologica dell’epoca. La scelta della pellicola in bianco e nero è di per sé logica per un film ambientato negli anni ’40, in quanto all’epoca non esisteva ancora il colore e Scorsese ha cercato di creare una continuità tra il materiale originale e quello del film. Inoltre c’è anche il desiderio di scostarsi da altri film della boxe, in particolar modo dalla serie di Rocky che era iniziata quattro anni prima.

Inoltre, ritornando al montaggio, l’opera di Scorsese è riuscita concretamente a portare lo spettatore sul ring, a fianco al pugile. Le scene di lotta vengono riprese con un movimento e con un attenzione al dettaglio veramente formidabili che trasmettono il colpo anche a chi lo sta semplicemente osservando. Non stupisce che la produzione abbia inizialmente frenato l’idea di mettere in cantiere un film come questo, temendo la reazione della critica che forse lo avrebbe ritenuto troppo violento sia sul lato fisico che sul lato verbale. Eppure, alla fine il regista ha fatto il suo lavoro e, cosa importante, lo ha fatto con i suoi tempi, lavorando con Thelma Schoonmaker nel suo appartamento di New York, soprattutto di notte. Ciò che è stata definita da molti come esagerazione o lentezza, in realtà non era altro che il desiderio di Scorsese di lasciare una sorta di testamento artistico, in quanto il periodo che stava vivendo allora non era un dei migliori: aveva problemi d’asma, per il quale fu sostituito alla regia in alcune scene da suo padre, Charles Scorsese, inoltre si era appena disintossicato dalla dipendenza da cocaina ed infine era distrutto a livello artistico per il catastrofico fallimento del musical New York, New York. Quindi Scorsese credeva che questo fosse l’ultimo film che avrebbe potuto dirigere. Ne è nato invece un capolavoro.

Le difficoltà non sono però cessate per il regista che ha visto la sua opera soppiantata dal pubblico. Infatti gli anni ’80 erano l’era dei film fantascientifici di Steven Spielberg e George Lucas e quindi un realismo come lo si può gustare in Toro Scatenato non era in sé apprezzabile per gli spettatori del periodo. Eppure, circa dieci anni dopo, il film ritorna alla luce e diviene uno dei film più belli della storia del cinema. A dire che pazientando si può arrivare lontano, Martin Scorsese oggi è un regista che sa il fatto suo e che sa dirigere con equilibrio e con operosità i suoi film.

C’è chi criticava la violenza esplicita nel film. Poi è arrivato Quentin Tarantino e allora la visione è diventata più ampia su cosa fosse la violenza al cinema. Altri invece videro nell’opera un misero e vuoto esercizio di stile cinematografico, il cui intento era quello di mero autocompiacimento da parte di Robert De Niro e di Martin Scorsese. In realtà, non penso si possa parlare di autocompiacimento, in quanto la pellicola nella sua progettazione e nella sua produzione è stata davvero congegnata in maniera impeccabile, con una colonna sonora dai richiami stupendi, con tre opere del compositore livornese Pietro Mascagni: l’intermezzo della Cavalleria Rusticana, l’intermezzo del Guglielmo Ratcliff, la Barcarola del Silvano. È un film fatto col cuore, dove la passione per il proprio lavoro ha portato ad un risultato eccellente a livello cinematografico. Considerato l’ultimo capolavoro della New Hollywood, fu un peccato per il pubblico che all’epoca non s’era accorto di cosa stesse dentro la mente di Scorsese e che cosa fosse veramente per il cinema “Toro Scatenato”.

Per me, rimane uno dei film più belli a livello registico, di montaggio, di fotografia e di interpretazione che io abbia visto fin ora. Un film che consiglio vivamente per gli amanti del genere biografico-sportivo e drammatico e anche per coloro che sanno chi è Martin Scorsese o Robert De Niro e vorrebbe approfondire queste due figure del mondo cinematografico statunitense.