Davvero “i giovani non hanno rispetto”?

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Stavo passeggiando in centro a Thiene come al mio solito. Nessuna occasione particolare, solo le solite vasche per un paese che adoro. Presa dai miei pensieri, a destarmi è una sgomitata in pieno braccio. Mezza spaventata, sbarro gli occhi e mi rendo conto che ad avermela data è stato un passante qualunque, un signore sulla cinquantina, che non ha avuto la decenza di spostarsi di mezzo centimetro per evitare lo scontro. Io, da parte mia, non avrei potuto evitarlo in quanto stavo camminando accanto agli edifici che si appoggiano al marciapiede. La rabbia sale, la voglia di fermarlo e dirgli di guardare dove cammina è tanta, o qualcosa come “spostarsi par brutto?” ci sarebbe stato bene, accompagnando la frase con uno sguardo critico e fra l’incazzato e lo scocciato.

Non ne parlo perché mi abbia sconvolta, mi succede talmente spesso che ormai giro con gli antiurto agganciati qua e là sul corpo. Ne sto parlando perché stamattina, dopo il fatto, mi sono messa a pensare al rispetto, o al mancato tale. Provate a pensarci: a quanti di voi capita di prendere botte per strada, o di dovervi spostare per evitare l’impatto perché la persona che avanza non ha la decenza o l’educazione necessarie? Non dico che si debbano spostare sempre e solo gli altri, dico solo che io dal canto mio arrangio un po’ di distacco, e così mi aspetto faccia l’altra persona. Insomma, perché solo io?

Poche settimane fa, restando in tema rispetto ed educazione, ero seduta in un ristorante da sola. Il mio tavolo era in una posizione tale che mi permetteva di sentire e assistere al pasto di una coppia di settantenni, e viceversa. Ordino, bevacchio, mi dedico al cellulare finché aspetto che arrivi l’ordinazione. Premetto: sono lenta a mangiare. Lentissima. Di un lento patologico. Ma questo non dovrebbe giustificare nulla. Invece successe questo: inizio a mangiare il mio filetto di merluzzo, e dopo circa 15 minuti sento la donna davanti a me dire (a voce alta) al marito “mamma mia, sta ancora mangiando un semplice secondo!! Ma quanto ci mette a finire?” e intanto mi guarda con fare scioccato e disgustato.

Ora, devo polemizzare su più di un punto, chiedo perdono se mi dilungo troppo ma queste cose mi irritano non poco. Punto primo: erano forse fatti suoi? Punto secondo: stavo forse disturbando il loro pasto? Punto terzo: non avevano altro di cui (s)parlare? Erano ridotti così male? Punto quarto: se proprio il bisogno di comunicare al marito le mie tempistiche, perché non farlo a bassa voce in un orecchio, o fuori dalla sala? Punto quinto: doveva proprio fissarmi per tutto il pranzo? Non le è venuto in mente che gli occhi ce li ho anch’io per notare questi suoi comportamenti?

Ovviamente, da persona educata e forse stupida quale sono, non ho reagito in alcun modo. Ho fatto finta di non aver sentito e ho seguitato col mio pranzo. Solo dopo una buona mezz’ora, all’ennesimo sguardo giudicante da parte della coppia, ho risposto con la stessa moneta: mi sono messa d’impegno a fissarli a mia volta, senza mai distogliere lo sguardo. Nel giro di pochi secondi si sono voltati imbarazzati e non si sono più permessi di guardarmi.

Tutto questo per dire che la frase “i giovani non hanno rispetto” credo vada debellata dalla gamma di verità applicabili a più fatti. Sono stanca di sentirla ripetere da persone che il rispetto non sanno neppure dove stia. E soprattutto, dato che dal mio piccolo, nel mondo ci vivo pure io, noto spessissimo quanto il rispetto ci sia molto più da parte dei giovani (ogni eccezione è accolta) che non da parte di persone che probabilmente, essendo cresciute in una realtà molto diversa dall’attuale e avendo loro i propri limitati metodi di misurazione, si trovano a dover fare i conti con l’ignoto, e non sapendo come reagire o giudicare obiettivamente, si difendono denigrando i giovani e sminuendoli colpevolizzando tra l’altro anche l’educazione loro impartita.

Per concludere, mi sento di suggerire a tutti un esame di coscienza sincero, e un’attenzione accettabile verso i propri atteggiamenti. Dopotutto, nel mondo ci vaghiamo tutti. E ognuno deve avere il diritto di camminare.