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Separazione delle carriere, riforma del Csm con l’introduzione del sorteggio, Alta Corte disciplinare. E’ stato incassato il via libera definitivo alla riforma costituzionale della giustizia, ora si passerà al referendum popolare.
La riforma è stata approvata definitivamente a Palazzo Madama, tra le proteste delle opposizioni. Il disegno di legge costituzionale ha avuto 112 voti favorevoli, 59 contrari e 9 astensioni. Quello del 30 ottobre 2025, era il quarto e ultimo passaggio parlamentare, come previsto dalla Costituzione. Tuttavia alla Camera non c’è stata la maggioranza dei due terzi che avrebbe precluso lo svolgersi del referendum costituzionale per il via libera definitivo: 
la consultazione popolare confermativa, dunque, con ogni probabilità si terrà e la maggioranza ha già avviato le procedure per richiederlo.“Non venga politicizzato”, chiede il ministro della Giustizia Carlo Nordio, all’uscita dall’aula del Senato. E mentre l’Associazione nazionale magistrati (Anm) e l’Unione delle Camere penali italiane (Ucpi) scaldano i motori con i loro Comitati – il primo per il ‘no’, il secondo per il ‘sì’ – il Guardasigilli sottolinea: “E’ bene che la magistratura esponga tutte le sue ragioni tecniche e razionali che possono militare contro questa riforma, ma non si aggreghi – come effettivamente ha già detto, e lo ringrazio, il presidente Parodi – a forze politiche per farne una specie di referendum pro o contro il governo. Questo – rileva il ministro – sarebbe catastrofico per la politica, ma soprattutto per la magistratura”.
L’Associazione nazionale ha bocciato la riforma poichè “Altera l’assetto dei poteri disegnato dai costituenti e mette in pericolo la piena realizzazione del principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Una riforma che non rende la giustizia più rapida o più efficiente ma la rende più esposta all’influenza dei poteri esterni”. “Una riforma che non investe risorse per far funzionare meglio il sistema giustizia ma rischia al contrario di triplicare i costi con lo sdoppiamento del Csm e l’istituzione dell’Alta Corte disciplinare”.