#Vicenzaore16 – Cronache di normalità familiare in tempi non normali: tutto come prima?

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Un giorno di pioggia dopo tanti di sole. Ho seminato e riseminato l’erba in un terreno cocciuto che me la restituisce sempre e solo a chiazze irregolari di un verde brillante che fa risaltare il marrone della terra intorno; e non so se chiedermi perché in certi punti non cresca o se piuttosto chiedermi perché in altri sì. Ho un prato intermittente come le luci di un Natale che solo pochi mesi fa non prevedeva nulla di ciò che ci sarebbe accaduto in primavera.

E’ una primavera da manuale, giorni di vento assolato, che quasi quasi sembra di sentire profumo di mare, quel mare a cui non possiamo arrivare ma che ci aspetta eterno e anche abbastanza indifferente. Continuano a uscire articoli più o meno belli sul fatto che la natura si stia riprendendo i suoi spazi, anatroccoli in centro, erbacce ovunque. Solo l’erba del mio giardino sembra fare eccezione e crescere meno del previsto.

I Garden hanno riaperto e ho finalmente comprato le piante da siepe, risolvendo un problema che la settimana scorsa mi aveva fatto percepire la mancanza di libertà. Ma la normalità è diventata altro. E, come per l’erba, non so se sperare che tutto prima o poi torni come prima o se piuttosto preoccuparmene. Se concentrarmi sulle chiazze di erba brillante o di terra testarda e nuda. Di questa nuova vita, mi infastidiscono i supermercati con le file fuori, guanti e mascherine che con il caldo diventano soffocanti, il lavoro che è diventato una sfida da portare avanti tra continue interruzioni domestiche, le piccole limitazioni pratiche, non poter camminare per chilometri come le mie gambe mi chiederebbero.

Vorrei poter andare al mare o a mangiare la pizza. Vorrei che i bambini riavessero passeggiate e corse nei parchi e ore di scuola in cui imparare e crescere. Ma, a parte questo, mi piace il ritmo più naturale a cui siamo approdati: la sveglia non più all’alba; la colazione tranquilla con due caffè, se ci va; le ore lente del pomeriggio a litigare con l’erba che non cresce uniforme (lo so, la mia sta diventando una nevrosi); Giacomo che fa videolezione di storia dell’arte ai suoi studenti e io ripasso mentalmente cose studiate più di vent’anni fa e le trovo, di nuovo, meravigliose; l’attenzione ai nostri spazi, le stanze, la cura, la gratitudine, quasi, per accoglierci e proteggerci; qualcuno che alle sei di sera suona per tutti, dal balcone, i vicini che applaudono; le luci delle altre case che si accendono la sera; il tempo per pensare a cose nuove, impegnative, che fanno venire il groppo allo stomaco come quando senti che stai facendo la cosa giusta e contemporaneamente ti chiedi se ne sarai all’altezza; a questo e ad altre piccole cose quotidiane e familiari, non ho proprio fretta di rinunciare; sento che ci sono cose che non possono e non devono tornare come prima, altrimenti questo periodo sarà stato solo un problema.

Detto questo, vorrei proprio capire come risolvere la questione dell’erba. Mio figlio ottenne continua a ripetermi che “da lontano sembra quasi un prato” cercando di incoraggiarmi dopo avermi vista ore china a rastrellare e seminare e aver visto con quale cattiveria mando via piccioni grossi come anatre che beccano i semi fregandosene dei miei sistemi di dissuasione casalinghi (carta stagnola, spaventapasseri improvvisati usando befane di peluche). Ma visto che il mio obiettivo (ambizioso, lo so!) è che sembri un prato anche da vicino, non finisce qui, non sono una che si arrende.