Svolta in Cina: aiuti dallo Stato per aumentare la natalità

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Dalla politica del figlio unico alla spinta verso una natalità sostenuta dallo Stato. La Cina, nel tentativo di invertire un drammatico declino demografico, ha annunciato per la prima volta un sussidio nazionale per i bambini sotto i tre anni. Il governo cinese verserà 3.600 yuan all’anno (circa 460 euro) per ogni figlio nato dopo il 1° gennaio 2025. Ma economisti e sociologi avvertono: gli incentivi economici, seppur benvenuti, rischiano di essere un palliativo di fronte a problemi ben più profondi. Obiettivo, contrastare il calo delle nascite.

Si tratta del primo incentivo su scala nazionale destinato direttamente alle famiglie per sostenere i costi della prima infanzia. Oltre al bonus, alcune autorità locali hanno introdotto misure complementari: esenzioni fiscali, asili gratuiti o a prezzo ridotto, bonus una tantum per le nascite.

Secondo le stime riportate da fonti internazionali, il costo medio per crescere un figlio in Cina urbana fino ai 18 anni può superare 300.000 yuan (oltre 38.000 euro). Un dato che spiega perché sempre più coppie, soprattutto nei centri urbani, scelgano di non avere figli o di fermarsi a uno solo. L’entità del bonus, seppur significativa per alcune fasce di reddito, è considerata troppo bassa per incidere realmente.

Esempi virtuosi arrivano dai ‘vicini di casa’. Giappone e Corea del Sud offrono esempi utili per comprendere l’efficacia (e i limiti) delle politiche di incentivazione alla natalità. In Giappone, nonostante misure che includono bonus, congedi parentali e sostegno all’infanzia, il tasso di fertilità resta tra i più bassi al mondo. In Corea del Sud, il governo ha investito miliardi di dollari in sussidi, ma senza successo: nel 2023, il tasso di fertilità era sceso a 0,72 figli per donna.