Nba, la rabbia di LeBron James per il caso Covid gestito male

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E’ polemica nel basket Nba: LeBron James va al contrattacco. Dopo i due giorni nel protocollo sanitario per Covid, ma, per quello che si è rivelato un falso test positivo, la stella dei Los Angeles Lakers è potuta tornare in campo. E dopo la sconfitta contro i Clippers, il fenomeno del mondo cestistico si toglie qualche sassolino dalle scarpe.

Prima il commento sulla prova personale nel derby di Los Angeles, poi la dura critica. Sul match chiuso con 23 punti, 11 rimbalzi e 6 assist, LeBron dice: “E’ stata una partita in cui ho giocato malissimo anche perché non ho potuto toccare il pallone per 4 giorni. È brutto ricevere un falso test positivo e ritrovarsi in isolamento. Provo tanta rabbia perché penso che il mio caso sia stato gestito malissimo”.

I fatti. LeBron James spiega: “Ero negativo al primo test fatto lunedì, poi un secondo test è uscito positivo. Di solito in questi casi è previsto che tu venga sottoposto immediatamente a un altro test: io invece mi sono ritrovato subito in isolamento, a dover trovare un modo di tornare a casa da Sacramento. Da solo, senza sicurezza e senza aiuti perché a nessuno era concesso viaggiare con me”.

La rabbia del campione. La star dei Lakers aggiunge: “A casa ho dovuto mettere in isolamento i miei figli, mia moglie, tutti quelli che gravitano attorno a casa mia. E tutto per un falso test positivo, per una situazione gestita malissimo. Tutto questo mi ha fatto davvero arrabbiare. Mi hanno permesso di uscire dal protocollo alle 4 del pomeriggio e sono riuscito ad andare a vedere giocare mio figlio: quella è stata una boccata d’aria fresca. Tolto quello, sono stati giorni di rabbia e frustrazione”.

Le conclusioni di LeBron. Il fuoriclasse del basket chiude dicendo: “Non sono riuscito a fare nulla, tornato da Sacramento mi sono chiuso in casa senza potermi allenare, senza poter fare nulla. Ed ero sicuro di non avere niente perché non mi sono mai sentito male. So che ci sono anche gli asintomatici, ma conosco il mio corpo e so quello che avevo. L’Nba in generale ha fatto un gran lavoro con questo protocollo, ma il mio caso a Sacramento è stato gestito in modo diverso, diciamo così”.

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