Test rapidi, la Finanza da Rigoli. Lorenzoni: “Sarà il nucleo dell’attività della Commissione d’inchiesta”

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Zaia e Rigolo a metà novembre 2020 alla presentazione del test fai-da-te, ancora in sperimentazione

Guardia di finanza nella sede del laboratorio di Microbiologia di Treviso, diretto dal dottor Roberto Rigoli, mercoledì scorso. L’ex coordinatore delle 14 microbiologie del Veneto – dall’autunno scorso ad aprile, quando ha rinunciato all’incarico per troppo stress dopo un malore che ne ha comportato anche il ricovero in cardiologia a Ca’ Foncello, come ha raccontato il Corriere del Veneto – ha risposto per due ore a domande che avevano l’obiettivo di indagare l’attendibilità e la sensibilità dei test Panbio Abbot, il tampone nasale rapido che in pochi minuti rileva la presenza del virus e che la Regione Veneto ha deciso di usare a man bassa per contrastare l’epidemia da Covid-19. Una scelta giunta dalla constatazione della difficoltà per i laboratori di analisi pubblici di processare i tamponi molecolari, per mancanza di reagenti e personale.

I due test, come si sa, agiscono in modo diverso: il tampone molecolare ricerca il genoma del coronavirus, mentre il test antigenico rapido va a caccia degli antigeni, cioè le proteine del virus. Il Veneto, ha sempre spinto molto per l’utilizzo di nuovi test antigenici rapidi, utilizzandoli non solo screening di massa, come negli aeroporti, ma anche per il personale sanitario e socio-sanitario (utilizzando il tampone molecolare solo nel momento in cui il rapido dava esito positivo).

L’indagine delle fiamme gialle mira a capire l’attendibilità dei testi test antigenici rapidi sono stati introdotti nella diagnostica Covid, in particolare dopo che il professor Andrea Crisanti – raccontando gli esiti di una sua indagine – ha affermato in più occasioni che la loro efficacia sarebbe molto più bassa di quanto dichiarato dall’azienda produttrice: oltre il 30% dei soggetti sottoposti al doppio test, sebbene risultati infatti negativi al rapido, ma erano poi risultati positivi al molecolare.

Non risultano persone indagate nell’Usl 2 di Treviso. L’inchiesta, della Procura di Padova e coordinata coordinata dal pm Benedetto Roberti, ha lo scopo di capire se i test di prima generazione (non quelli di terza, poi approvati dall’Iss) rispettino quanto promesso dalle case farmaceutiche: l’ipotesi è che si possa configurare una frode nelle pubbliche forniture.

“L’aspetto giudiziario relativo alla perquisizione della Guardia di Finanza nel laboratorio di Microbiologia di Treviso non è di competenza della politica. Tuttavia, il tema coincide con quello che ho posto ripetutamente a livello regionale, ovvero la scelta di adottare i tamponi rapidi anche oltre le raccomandazioni del Ministero della Salute”. Ha dichiarato il portavoce dell’Opposizione in Consiglio regionale, Arturo Lorenzoni: “L’utilizzo degli stessi test è stato esteso come prioritario nelle Rsa e nelle strutture ospedaliere venete; una decisione, questa, che ha sollevato le critiche del sindacato dei medici Anaao che a dicembre scorso hanno proceduto con una diffida. Oltre alla richiesta dei medici specializzandi di non essere testati con i tamponi rapidi e il mugugno di molti gestori di strutture residenziale per anziani”.

“Durante l’audizione in Quinta Commissione del 4 maggio – aggiunge Lorenzoni – i nove tecnici portati dal presidente Zaia hanno screditato, di fatto, lo studio eseguito dal gruppo di ricerca del professor Crisanti. Un report presentato inizialmente come nota il 21 ottobre 2020 e inviato successivamente alla piattaforma medRxiv per la pubblicazione, alla luce del lungo processo di revisione cui sono sempre sottoposti tutti i lavori scientifici. Nell’ottobre 2020 c’era un altro studio in grado di legittimare la scelta dei tamponi rapidi in modo quantomeno altrettanto autorevole rispetto a quello della microbiologia di Padova? Se sì, perché non è stato reso noto fino ad ora?”. “La legittimità delle scelte operate nell’autunno dall’amministrazione regionale – conclude Lorenzoni – sarebbe così immediatamente evidente. Questo il nucleo dell’attività della commissione di inchiesta attivata in Consiglio regionale dalla Prima commissione, lo scorso 26 maggio”.