Spese militari al 5%: la Nato supera il veto della Spagna e sigla un accordo storico


Accordo storico raggiunto dalla Nato che ha deciso di portare le spese militari al 5% del Pil entro il 2035, superando il veto della Spagna grazie a un compromesso che permetterà a Madrid di mantenere flessibilità sui propri contributi. L’intesa è stata siglata tra il premier spagnolo Pedro Sanchez e il segretario generale dell’Alleanza Mark Rutte a poche ore dal vertice dell’Aia, in programma il 24 e 25 giugno.
Stando a quanto dichiarato, l’accordo prevede un aumento delle spese militari in senso stretto al 3,5% del Pil e delle spese per la sicurezza in senso lato all’1,5%, rappresentando più del doppio rispetto all’attuale soglia del 2%. La proposta, fortemente voluta dal presidente americano Donald Trump, mira a rafforzare drasticamente le capacità difensive dell’Alleanza atlantica. Superato, dunque, anche il nodo principale rappresentato dall’opposizione della Spagna, che considerava “sproporzionato e inutile” l’obiettivo del 5% del Pil e incompatibile con il mantenimento del welfare. Per superare l’impasse è stata trovata una soluzione innovativa che mantiene l’obiettivo generale del 5% ma lo interpreta in modo flessibile.
Non solo. Nella dichiarazione finale del vertice Nato all’Aia, il testo è stato modificato per evitare impegni collettivi assoluti: invece di “tutti gli alleati”, è stato scritto “gli alleati”. L’accordo si articola su tre punti chiave: la distinzione tra obiettivi politici e tecnico-operativi, lo scambio di lettere ufficiali tra Rutte e Sanchez che riconosce la flessibilità spagnola, e la conferma che Madrid rispetterà gli obiettivi di capacità militare approvati dai ministri della Difesa lo scorso sei giugno. Sanchez ha definito l’intesa “molto positiva”, sottolineando che permetterà alla Spagna di “rispettare i propri impegni con l’Alleanza Atlantica e preservarne l’unità, senza dover aumentare la spesa per la difesa fino al 5% del Pil”. Il premier ha ribadito la necessità di proteggere non solo l’Europa ma anche “ciò che la rende unica al mondo: il suo stato sociale”.