Alta Velocità a Vicenza Est: tra trincee e boschi, la sfida di Possamai a Salvini

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Un incontro tanto atteso quanto strategico si è svolto ieri al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il sindaco di Vicenza, Giacomo Possamai, ha incontrato il ministro Matteo Salvini per discutere il futuro tracciato dell’Alta Velocità nel tratto orientale della città. Un confronto che ha messo sul tavolo non solo questioni tecniche, ma anche ambientali, sociali e politiche, in una delle partite infrastrutturali più delicate del Nord Italia.

Il nodo Vicenza Est: tre ipotesi e una proposta radicale
Il progetto prevede tre alternative per l’uscita est della linea AV: il raddoppio in superficie, una galleria corta e una galleria lunga. Ma Possamai ha rilanciato con forza una quarta via: “l’opzione zero”, ovvero il potenziamento della linea esistente senza nuovi binari, attraverso tecnologie come l’Ertms (European Rail Traffic Management System, il sistema per standardizzare a livello europeo la gestione del traffico ferroviario e il controllo dei treni). “È una proposta che merita di essere valutata seriamente e prioritariamente – ha dichiarato il sindaco – perché consentirebbe di azzerare l’impatto sul territorio, preservare aree agricole e contenere i costi e la durata dei cantieri”.

Un prezzo troppo alto: 50 mila metri quadrati di verde a rischio
I numeri parlano chiaro anche per la zona Ovest: il progetto attuale comporta la demolizione di 35 edifici, l’esproprio di 200 famiglie e la distruzione di oltre 50 mila metri quadrati di aree verdi, tra cui il Bosco Lanerossi e il Bosco Cà Alte. Queste aree, oggi rifugio di biodiversità urbana e polmoni verdi per i quartieri, verrebbero sostituite da cantieri, impianti di betonaggio e viabilità industriale. Il consumo idrico stimato per i lavori è, poi, di 360 mila litri al giorno, in una zona già colpita dalla contaminazione da Pfas. Possamai ha chiesto sia fatto tutto il possibile per salvare le aree verdi e i boschi che verrebbero interessate dal tracciato e dai cantieri e che, dove questo non sarà possibile, siano previste compensazioni vere: rimboschimenti, nuove piantumazioni, e interventi concreti per restituire alla città e ai suoi quartieri qualità ecologica e paesaggistica.

La galleria lunga: visione o utopia?
Tornando al tratto a Est, tra le ipotesi progettuali, la galleria lunga – un tunnel profondo di 1.400 metri – è sostenuta da urbanisti, comitati e anche dall’ex sindaco Francesco Rucco. “Non è solo una soluzione tecnica, ma una scelta culturale e civile –  ha dichiarato Rucco – significa non spezzare i nostri quartieri, ma cucirli, valorizzarli, dare coerenza alla crescita urbana”. La galleria permetterebbe di creare una cintura verde da San Pio X a Laghetto, abbattendo l’impatto acustico e visivo. Ma resta il nodo dei costi: al momento, i finanziamenti coprono solo la progettazione.

Lo scavalco di Settecà: una barriera contestata
Uno dei punti più controversi è lo scavalco ferroviario previsto a Settecà, una sopraelevata che il Consiglio Comunale ha già respinto. Possamai ha chiesto che venga eliminato o radicalmente modificato: “Una struttura di quel tipo avrebbe un impatto troppo pesante sulla qualità urbana del quartiere” ha spiegato al ministro delle Infrastrutture.

Salvini apre, ma non si sbilancia
Il ministro Salvini ha accolto le richieste del sindaco con un’apertura prudente. Ha dato mandato a Rfi di approfondire tutte le ipotesi progettuali e ha chiesto un report tecnico entro l’estate. Nessuna promessa, ma un segnale di disponibilità al dialogo.

La voce dei cittadini: “Non chiamatelo progresso”
Intanto, la protesta dal basso continua. I comitati “Boschi che Resistono” e “Cut – Cittadini Uniti Tav” chiedono una moratoria sui cantieri e l’adozione dell’opzione zero: “Non si può parlare di futuro se il prezzo è la salute e l’ambiente”, affermano. Le manifestazioni si moltiplicano, dalle assemblee pubbliche alle occupazioni simboliche dei boschi minacciati.

Una città divisa, un futuro da decidere
L’incontro romano segna un passaggio importante, ma non risolutivo. La sfida ora è trasformare un’opera potenzialmente divisiva in un’occasione di rigenerazione urbana. Ma il tempo stringe: i cantieri sono previsti per nove anni, con un costo complessivo di 2,2 miliardi di euro, metà dei quali ancora da finanziare. Il destino di Vicenza Est – tra trincee, gallerie e boschi – è ancora tutto da scrivere. E la domanda resta sospesa: progresso per chi, e a quale prezzo?

 

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