Arte e dintorni – Arturo Martini alle Gallerie d’Italia di Vicenza fino al 16 novembre


Il progetto “Vitalità del Tempo” mira a valorizzare le collezioni d’arte moderna e contemporanea di Intesa Sanpaolo. Nella Sala dei Fauni di Palazzo Leoni Montanari è allestito un gruppo di 14 opere dello scultore Arturo Martini provenienti da diversi nuclei collezionistici che nel tempo sono confluiti nel patrimonio del Gruppo.
Lo scultore trevigiano Arturo Martini (1889-1947), di umili origini, si formò frequentando la Scuola serale d’arti e mestieri. Espose per la prima volta a Ca’ Pesaro nel 1908 e si aggiornò artisticamente a Monaco di Baviera e poi a Parigi, dove frequentò artisti come Modigliani, De Chirico e Gino Rossi. Durante la Prima Guerra Mondiale riuscì a evitare la leva e il fronte. Fu l’unico scultore a partecipare al gruppo di Valori Plastici.
Negli anni Venti e Trenta realizzò grandi statue e gruppi scultorei, partecipando a molti concorsi per monumenti civici. Negli anni Quaranta insegnò all’Accademia di Belle Arti di Venezia, collaborando con Alberto Viani e l’architetto e amico Carlo Scarpa. Il suo libro “La scultura lingua morta”, pubblicato nel 1945, testimonia il suo pensiero divergente. Si spense a Milano due anni dopo, a causa di un malore.
La sala, in penombra, accoglie il visitatore con la scultura in bronzo (della collezione Fideuram) del Leone di Monterosso – Chimera. L’opera, realizzata negli anni Trenta per l’avvocato Arturo Ottolenghi e sua moglie, la scultrice Herta von Wedekind, evoca echi etruschi, della “Chimera di Arezzo” del V secolo a.C. Come l’archetipo, presenta sembianze leonine ma elimina la testa di capra del mostro antico, e mantiene l’effetto ispido della schiena e della testa, le fauci spalancate e l’atteggiamento aggressivo dello scatto all’indietro.
Il centro della stanza è dedicato alle due sculture che raffigurano La Pisana. Il titolo richiama la protagonista del romanzo di Ippolito Nievo, “Confessioni di un italiano”, un libro amato da Martini e dalla sua cerchia di amici. La Pisana riprende la tradizione del nudo femminile sdraiato, con le gambe raccolte, e lo reinterpreta in chiave naturale e metafisica, aggiornando l’archetipo rinascimentale alle esigenze della modernità. Sono qui affiancati l’esemplare in gesso patinato (della collezione Banco Ambrosiano Veneto), realizzato da Martini nel 1930, e l’esemplare in bronzo fuso postumo (della Collezione Luigi e Peppino Agrati).
In mostra anche un nucleo di opere provenienti dalla collezione della Cassa di Risparmio di Venezia: due sculture grandi in pasta cementizia e otto bassorilievi in bronzo. Ai lati opposti della sala, quasi a fare da guardiani, sono collocate le due statue a grandezza naturale del 1910: l’Allegoria della Terra (con un agricoltore che tiene un fascio di spighe) e l’Allegoria del Mare (con Ercole che tiene una pelle di leone e una conchiglia). Le figure maschili – la prima più muscolare, l’altra più ossuta, ma entrambe con proporzioni allungate – si articolano nello spazio con la solidità tipica delle coeve esperienze scultoree internazionali di Monaco e di Parigi. L’esibito arcaismo è il risultato della meditazione di Martini sulla tradizione statuaria antica, rivisitata in chiave antieroica, che lo colloca al centro del dibattito artistico del suo tempo.
Sulle pareti opposte, divisi in due gruppi, sono collocati gli otto bassorilievi in bronzo, realizzati da Martini per il concorso per il monumento al duca d’Aosta a Torino nel 1934, opera affidata a un altro scultore. Le formelle rappresentano, con un tratto dolente e con una composizione serrata, vari episodi della vita dei soldati durante la Prima Guerra Mondiale, esaltando in particolare le battaglie sul fronte del Piave. Ogni scena merita un accenno, un tributo al pathos delle scene di guerra (tristemente attuali).
“La messa al campo”: un grottesco e ossessivo assembramento di soldati, un muro di uniformi di spalle che si stringono davanti a una croce e all’altare. “Le crocerossine”: donne velate disposte a raggiera, che si prodigano nell’accudimento dei feriti. “Il gas asfissiante”: una scena di disperazione corale in cui tutti cercano di coprirsi il volto per non respirare i gas di morte. “Il riposo in trincea”: la scena, divisa da una tenda triangolare, mostra una sentinella che fa la guardia, mentre all’interno alcuni soldati riposano inermi.
“I reticolati”: una straordinaria sintesi di linee orizzontali in cui gli uomini in fuga sono incastrati e diventano corpi sacrificabili. “I rifornimenti”: la scena è divisa e mostra asini da soma, di memoria giottesca, che portano da soli delle gerle, senza alcuna presenta umana. “Il Piave”: nel momento del guado, i soldati sono travolti dalle acque e cercano disperatamente la salvezza. “L’assalto”: tra sacchi di sabbia si consuma la battaglia tra uomini armati di pugnale.
L’ultima opera della sala è una natura morta in altorilievo di terracotta (della collezione UBI Banca), che testimonia l’esperienza di Arturo Martini nel gruppo di Valori Plastici, verso i primi anni Venti del Novecento.
L’allestimento, minimale ed efficace aiuta a cogliere la portata straordinaria dello stile di Martini, è di Luca Massimo Barbero, curatore associato delle collezioni del Gruppo.
Info al link “Vitalità del tempo. Arturo Martini nelle collezioni Intesa Sanpaolo” a Vicenza. Gallerie d’Italia – Vicenza, dal 6 luglio al 16 novembre 2025
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