Zaia alza la voce: “O il candidato è leghista, o saranno problemi”. E Lanzarin lo aveva già fatto capire…

Se qualcuno pensava che la partita per la presidenza del Veneto si sarebbe risolta con una stretta di mano tra alleati, dovrà ricredersi. A Pontida, davanti al popolo leghista in delirio, Luca Zaia ha messo i puntini sulle “i” e ha lanciato un messaggio chiarissimo agli alleati di centrodestra: “Se il candidato sarà della Lega, sarà Alberto Stefani. Se non sarà della Lega, sarà un problema”. I naviganti sono avvisati.

Un Zaia in spolvero che non si è limitato a una rivendicazione di bandiera, ma che ha scolpito su pietra la continuità amministrativa come un diritto acquisito dopo anni di risultati e consenso: “Chiedere un candidato della Lega in Veneto non è lesa maestà. È semplicemente buon senso e coerenza con un’amministrazione che ha portato risultati, efficienza e credibilità istituzionale”. Tradotto: la Lega ha governato bene, ora non si accettano scherzi. Il nome sul piatto è quello di Alberto Stefani, giovane vicesegretario federale e segretario regionale della Liga Veneta, già benedetto da Salvini e ora blindato da Zaia. Ma la partita è tutt’altro che chiusa: Fratelli d’Italia, forte dei numeri delle ultime elezioni, non ha nessuna intenzione di restare a guardare. E Forza Italia, con Tosi che osserva sornione, potrebbe essere l’ago della bilancia.

Lanzarin, la “voce tra le righe” che aveva già avvertito
Ma la tensione non è esplosa solo a Pontida. Già nei giorni scorsi, ospite della nostra redazione nella diretta del “Senti Chi Parla”, l’assessore regionale Manuela Lanzarin aveva lasciato intendere il suo malumore per il protrarsi delle decisioni interne al centrodestra. Senza mai sbilanciarsi apertamente, Lanzarin aveva fatto capire che la pazienza sta finendo e che la Lega non è disposta a farsi mettere all’angolo dai “cugini” di coalizione. Un messaggio chiaro a chi, da Roma, pensa di poter decidere le sorti del Veneto senza ascoltare chi il territorio lo conosce davvero.

Centrodestra in stallo, la Lega batte i pugni
Il centrodestra, intanto, continua a tergiversare. Le riunioni si susseguono, le fumate sono sempre più nere e la sensazione è che nessuno voglia cedere il passo. Meloni prende tempo, Tajani predica calma, ma intanto il Veneto rischia di diventare la polveriera che può far saltare l’alleanza nazionale. La Lega, dal canto suo, non ci sta a perdere la sua roccaforte storica e Zaia lo ha detto senza mezzi termini: “Una mia lista può valere il 45%”. Un avvertimento? Più che altro una minaccia velata agli alleati: se non ci ascoltate, potremmo anche correre da soli.

Il rischio: una rottura che fa tremare Palazzo Balbi
Il rischio di una rottura è reale. Se il candidato non sarà Stefani (o comunque un leghista), Zaia potrebbe davvero decidere di scendere in campo con una sua lista personale, capace di drenare voti a destra e a sinistra. Uno scenario che terrorizza gli alleati, ma che Zaia non esclude affatto. E Lanzarin, con la sua diplomazia tutta veneta, lo aveva già fatto capire: la Lega non è disposta a farsi mettere i piedi in testa.