Regionali. Cislaghi: “Mi dicono montanaro con le man onte de oio, ma ne vado fiero”

“Qualcuno mi prende in giro, mi vedono come il ragazzotto di periferia che tenta la scalata: io sorrido, perché è ciò che mi sento. Eccetto per la scalata: quella che intendo io è di una montagna chiamata rappresentanza: il potere lo lascio volentieri ad altri”. Parole controtendenza in un panorama politico spesso dominato da figure quasi accademiche, con la candidatura di Luca Cislaghi alle Regionali in Veneto, per il Partito Democratico, che pare lottare per restituire concretezza e radicamento popolare là dove più manca.

A 36 anni, Cislaghi ha già alle spalle un percorso di vita che parla di sacrificio, lavoro e impegno civile: ha lasciato casa giovanissimo per costruirsi un’autonomia, dividendosi tra il lavoro in fabbrica come operaio specializzato e i turni serali in pizzeria. Oggi, dopo la giornata di lavoro come agente commerciale in un’azienda di Schio, percorre la provincia per ascoltare quella parte di Veneto che troppo spesso, rimprovera il centrosinistra di averla dimenticata. Una candidatura che nasce da un’urgenza: dare voce alle aree interne e fragili, colpite da spopolamento, carenza di servizi e dissesto idrogeologico. “Il cambiamento – afferma il consigliere comunale di Velo D’Astico – deve partire da chi è stato escluso finora”. Un programma, il suo, che si concentra su sanità pubblica, lavoro stabile, trasporti efficienti e tutela ambientale, con un’attenzione particolare ai piccoli comuni sotto i 5mila abitanti, che coprono oltre il 40% del territorio regionale.
Il profilo di Cislaghi è segnato da un forte impegno sindacale e da una visione del lavoro come strumento di emancipazione. Denuncia la precarietà diffusa tra i giovani e propone un Osservatorio regionale sul lavoro precario, incentivi per le imprese che garantiscono stabilità e un fondo per l’innovazione diffusa: “Nel 2024 oltre 11mila giovani veneti si sono trasferiti all’estero. Dobbiamo invertire questa rotta senza addossare responsabilità a chi fa impresa, ma al contrario creando quella sinergia e quel collegamento che parte dal mondo della scuola e che oggi manca”. E poi la sanità, quella dove “le case di comunità non sono gusci vuoti ad uso e consumo dei tagli di nastro, ma risposte ai legittimi bisogni della gente”.
Senza dimenticare l’empatia e l’ascolto, per riempire di contenuti quelli che altrimenti – dice il candidato dem – “rischiano di essere solo slogan”: “Solidarizzo con chi lavora, con chi fatica ad arrivare a fine mese. È il mondo da cui vengo e che voglio rappresentare. Non prometto miracoli, ma un cambio di passo: non ci può essere sviluppo se una parte del Veneto resta indietro. Agire per l’Alto Vicentino e per le zone più periferiche non è una battaglia di retroguardia, ma una scelta di giustizia e di lungimiranza. Il tempo della politica dei mestieranti deve finire: riportiamo al centro i territori, la semplicità. Anche le man sporche de oio: quelle che conoscono la fatica e sono orgogliose di raccontare un altro Veneto”.
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