CineMachine | Il conformista

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REGIA: Bernardo Bertolucci ● CAST: Jean-Louis Trintignant, Stefania Sandrelli, Gastone Moschin, Dominique Sanda, Enzo Tarascio, Fosco Giachetti, José Quaglio, Yvonne Sanson, Milly, Pasquale Fortunato, Pierre Clémenti ● GENERE: drammatico ● DURATA: 107 minuti ● DATA DI USCITA: 7 Dicembre 1970 (Saint Vincent)

Il conformista del 1970 per la regia di Bernardo Bertolucci.

Storia: Marcello Clerici è una spia fascista. Non appena sposato, sfrutta la luna di miele a Parigi assieme alla moglie Giulia, per compiere una missione: assassinare un suo vecchio insegnante di filosofia, ora dissidente politico. Nonostante le sue forti convinzioni fasciste, la sua debole volontà lo porterà presto ad essere vittima di desideri ed impulsi che lo porteranno a ridestarsi da un trauma infantile latente.

A poche settimane dalla morte del maestro Bertolucci, non potevo esimermi dal porre un decoroso omaggio ad un pezzo di storia della cinematografia italiana e mondiale.

Di fatto Bertolucci è un patrimonio italiano, ma anche mondiale. Dopo L’ultimo tango a Parigi, con Marlon Brando e Maria Schneider, il film scandalo che costò al regista una condanna per offesa al comune senso del pudore, il riecheggio del cinema di Bernardo Bertolucci arriva in tutto il mondo con una dirompenza incredibile.

Due anni prima il regista parmigiano usciva al cinema con Il conformista, tratto dal romanzo di Alberto Moravia. Entrambe le due opere tratteggiano in un modo tanto tragico quanto disarmante quella che è, forse ancora oggi, una delle più grandi tragedie sociali ed umane del nostro tempo, ovvero il conformismo. L’individuo che rinuncia a sé, alla propria individualità, per confondersi nella normalità assumendo i connotati morali e comportamentali dell’uomo medio, della massa alla quale si mischia per essere indistinguibile.

Non è il semplice vestirsi uguali o seguire la stessa serie televisiva, ma è l’appartenenza ad un qualcosa che trascina la massa e, di conseguenza, trascina anche noi. La volontà di una persona che si assopisce per adempiere ad una volontà esterna, una volontà superiore o che si crede tale.

Bertolucci mette inoltre la lente di ingrandimento non solo sul conformismo dell’uomo verso un’ideologia come quella fascista, ma anche sulle paranoie di un uomo, fascista per convenienza, pronto a tradire tutto e tutti quando il totalitarismo crolla. Marcello appare quasi una vittima rispetto alle azioni che lui stesso compie ed è proprio questa la più grande critica che Bertolucci muove in questo suo film.

Quanti sono stati fascisti e non lo sono stati solo per essere parte di qualcosa? Quanti sono stati fascisti, nazisti, stalinisti e subito dopo la caduta del regime hanno smentito perché volevano salva la vita? E quanti non sono mai stati fascisti, ma lo sono diventati perché cercavano qualcosa di nuovo, qualcosa di esplosivo nell’età contemporanea?

Bertolucci dimostra abilmente la grande illusione dell’ideologia, non solo quella fascista. Credere a qualcosa solamente perché tutti ci credono, non vuol dire che sia indice di una verità assoluta. Se un milione di persone credono ad una cosa stupida, la cosa non smette di essere stupida, giustamente. Come diceva il grandissimo filosofo Arthur Schopenhauer, che spesso e volentieri ritorna in questa piccola rubrica, “O si pensa o si crede” ed aggiungo che spesso e volentieri è più semplice credere, soprattutto quando questo credo passa attraverso l’uso della forza.

Credere è un esercizio che deve per forza passare attraverso il raziocinio dell’individuo. Dover credere invece è semplicemente una volgare imposizione, la quale piuttosto che innalzare l’animo e l’intelletto umano, lo deflagra e lo schiaccia rendendo l’uomo al pari, se non terribilmente peggio, di una bestia. La storia ce lo ha  insegnato innumerevoli volte e ricollegarsi ancora oggi a certe ideologie del passato, direi che ormai sa un po’ troppo di già visto o già sentito. Sono consapevole che l’originalità deriva in una certa sostanza dal classico e che oggi è tornato di moda il vintage, ma certe cose forse è meglio rilegarle al passato e guardare al futuro con un po’ più di intelligenza e parsimonia.    

Per quanto riguarda gli aspetti tecnici, Bertolucci è un artista a pieno titolo. Ogni frame rappresenta un dipinto da esposizione, con quei colori e quelle luci che arricchiscono il patos delle scene. Inoltre le ambientazioni che recuperano l’architettura del regime per poi spostarsi su una Parigi che non maschera il suo antifascismo, il che è incredibile per potenza espressiva nel vero senso democratico del termine. Le inquadrature ed il montaggio sono equilibrati e raffinati e ci fanno avvertire profondamente il senso di smarrimento del protagonista ed una situazione quasi surreale per certi versi.

Nota finale su cui non mi soffermerò troppo è come l’autore tratta l’omosessualità in una maniera così leggera e naturale da non farla trasparire come un problema o una qualsivoglia aberrazione. Sicuramente merito di questo la collaborazione e la grande amicizia che Bertolucci ebbe con Pier Paolo Pasolini, altro grande maestro, non solo del cinema.

In conclusione non posso che dire, con tutta l’umiltà possibile, reputo questo film un vero e proprio capolavoro, imperdibile ed assolutamente da vedere.