CineMachine | La forma dell’acqua

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REGIA: Guillermo Del Toro ● CAST: Sally Hawkins, Doug Jones, Michael Shannon, Richard Jenkins, Octavia Spencer, Michael Stuhlbarg, David Hewlett, Nick Searcy, Stewart Arnott, Nigel Bennett, Lauren Lee Smith, Martin Roach, Allegra Fulton, John Kapelos, Morgan Kelly, Wendy Lyon, Madison Ferguson, Jayden Greig, Deney Forrest, Brandon McKnight, Dru Viergever, Marvin Kaye, Jim Pagiamtzis, Cameron Laurie, Alexey Pankratov, Shane Clinton Jarvis, Evgeny Akimov, Dave Reachill, Matthew Mease, Amanda Smith, Maxine Grossman, Edward Tracz, Shaila D’Onofrio, Vanessa Oude-Reimerink, Sergey Nikonov, Jonelle Gunderson, Cylde Whitham, Dan Lett, Danny Waugh, Karen Glave, Diego Fuentes, Cody Ray Thompson ● GENERE: fantastico, drammatico, romantico ● DURATA: 123 minuti ● DATA DI USCITA: 14 febbraio 2018 (Italia)

UNA FIABA PER TEMPI DIFFICILI

La forma dell’acqua – The Shape of Water del 2017 per la regia di Guillermo Del Toro.

Storia: Elisa (Sally Hawkins), inserviente in un laboratorio governativo segreto ad alta sicurezza, è una donna intrappolata in una vita abbastanza monotona e solitaria. Ma tutto cambia quando, insieme alla sua collega Zelda (Octavia Spencer), scopre uno strano e misterioso esperimento che porterà, soprattutto Elisa, ad innamorarsi di una creatura fuori dall’ordinario.

Un amore fuori dall’ordinario, quello che ci racconta il regista Guillermo Del Toro. In un agglomerato di personaggi, dove la perfezione non esiste, ma esiste la quotidianità e quella che spero si possa poter definire “la normalità delle cose”. Elisa (Sally Hawkins) è una donna muta, abbastanza sola, che si masturba ogni mattina prima di andare al lavoro; GIles (Richard Jenkins), il suo vicino di casa, è un artista pubblicitario omosessuale; Zelda (Octavia Spencer), la sua collega di lavoro, è una donna di colore che vive con un marito spassionato; l’antagonista, col. Richard Strickland (Michael Shannon), che si rivela essere un cattivo nella misura in cui cerca di adempiere semplicemente il suo dovere, ovvero nel suo disperato tentativo di eseguire gli ordini e non perdere la faccia e la propria posizione lavorativa.

Dopodiché c’è la creatura o il mostro, che a dir si voglia, interpretata da Doug Jones, maschera preferita di Del Toro, già apparsa sotto mentite spoglie in molti film del regista, tra cui Hellboy (2004), Hellboy: The Golden Army (2008), Il labirinto del fauno (2006) e tanti altri ancora.

La creatura è l’elemento più pittoresco e sicuramente più fantasioso di questa storia, scritta tra l’altro dallo stesso Del Toro e la sceneggiatrice Vanessa Taylor [Divergent (2014), Games of Thrones (Stagione 2-3) a cui ha fatto anche da co-produttrice, Aladdin (2019)] ed è palese l’ispirazione di Del Toro verso Il mostro della laguna nera (1954) di Jack Arnold e verso altre narrazioni di elaborazione drammatiche in cui è insita la figura del mostro, come il Frankenstein di Mary Shelley o King Kong (1933) di Merian C. Cooper ed Ernest B. Schoedsack.       

Il bello di questa storia è che l’atto d’amore vero e proprio tra la donna e la creatura c’è e il regista non si fa scrupoli a mostrarcelo. Di fatto The Shape of Water potrebbe sembrare un film aberrante a molti ben pensanti, in quanto ci sono molte situazioni legate alla sessualità o al nostro modo di vivere, ma Del Toro ce le mostra in chiave favolistica, forse perché è il metodo più canonico per impartire un insegnamento senza essere troppo diretti.

Questo film parla dell’amore e ne parla come qualcosa di veramente libero, avulso dalla logica della ragione, che non si impedisce di andare oltre gli ostacoli fisici o culturali. È interessante vedere come anche l’uomo di scienza, e quindi la scienza in stessa, chini il capo di fronte alla potenza di tale sentimento.

Penso infatti che l’amore sia qualcosa che quando lo si incontra ci rende follemente liberi di esprimere l’essere che è in noi e, nel nostro mondo, questo potrebbe essere definito come un sintomo di demenza o una evasione, se non aberrazione sia sociale che naturale, quando in realtà l’atto in sé è un qualcosa di molto più intimo e molto più profondo che non può e non deve essere contenuto entro dei limiti. Perché se non siamo liberi di amare, non siamo liberi di essere e, viceversa, se non siamo liberi di essere non siamo liberi di amare.

Ce lo mostra Elisa nella sua vita molto riservata, condivisa con pochissime persone, forse per la sua menomazione vocale o molto semplicemente perché lei è un tipo riservato, come ci viene descritta fin dai primi momenti del film. Elisa è quello che è e lo mostra in modo talmente spontaneo da non poter risultare non credibile. Il fatto che lei non possa parlare non incide per nulla sulla sua capacità di avere un dialogo con chi gli sta vicino, non incide sul fatto di essere una persona, di esistere come tale e di avere un suo valore e soprattutto non gli impedisce di vivere un’amore spontaneo e naturale.

La regia di Del Toro è spettacolare, anche se La forma dell’acqua lo definirei il suo film più classico, basato su una trama lineare, con protagonisti che si scontrano con una controparte antagonista fino al giungere di un lieto fine. Un film, diciamo pure, da premio Oscar, ma che non toglie nulla alla bravura di un regista che ha saputo sempre stupirmi nella messa in scena, nelle storie trasposte e nei contenuti di queste storie che mai si sono rivelate banali e sempre mi hanno lasciato qualcosa su cui riflettere.

La forma dell’acqua (2017) uscito in Italia nel 2018, disponibile in home video, è a detta del sottoscritto un gran bel film che sa intrattenere, sa come colpire il grande pubblico e sa come affascinarlo con contenuti non banali e una storia assai avvincente.