CineMachine | Non aprite quella porta – Parte 2

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REGIA: Tobe Hooper
CAST: Dennis Hooper, Caroline Williams, Jim Siedow, Bill Moseley, Bill Johnson, Ken Evert
GENERE: Horror
DURATA: 101 minuti
DATA DI USCITA: 1986

È ora di tornare ad un genere a me molto caro, ovvero l’horror. Il ritorno della rubrica si apre con un artista di un certo livello, scomparso dalle trame hollywoodiane, per giungere a produzioni cinematografiche più esigue. Il regista di cui sto parlando è il grandissimo Tobe Hooper e il film che oggi vorrei consigliarvi è il sottovalutatissimo Non aprite quella porta – Parte 2 (Texas Chainsaw Massacre 2) uscito nelle sale statunitensi nel 1986.

Gli appassionati di cinema si staranno domando: “Perché consigli il secondo e non il primo?”. Semplicemente perché era troppo scontato parlare di Hooper ed associarlo direttamente al primo Non aprite quella porta, film che ha reso tanto celebre il regista, quanto la figura leggendaria di Leatherface, ovvero “Faccia di cuoio”.

Ho preferito invece ripristinare un film caduto, per molti, nel dimenticatoio, in quanto all’epoca fu un vero e proprio flop a livello di critica e, ovviamente, è un film messo totalmente in ombra dal suo prologo, il già citato “Non aprite quella porta” del 1974, che è considerato un vero e proprio capolavoro del genere.

Il film, tutto sommato, gode oggi di una certa stima tra gli appassionati e si è anche, nel corso del tempo, rivalutato il valore della pellicola, la quale aveva completamente deviato dal carattere grottesco del precedente film, aggiungendo uno humour per molti non digeribile in un film splatter, ma che in realtà, a quel tempo, serviva a Hooper proprio per distanziarsi da tutta quella trafila di pellicole in cui c’era una assassino che mieteva le sue vittime in modo sequenziale, sadico e brutale. Se si dovesse condensare il genere horror degli anni ‘80, questa sarebbe, più o meno, la descrizione: basti pensare ad altre icone “horrorifiche” nate in quegli anni, come Jason Voorhees o Freddy Kruger. L’ironia poi è entrata anche e soprattutto in quest’ultimo personaggio e, come per Non aprite quella porta, questo ha, per alcuni, giovato, al contrario, per altri, gabbato la figura del boogeyman, dell’”uomo nero”. Questa, però, è un’altra storia. Ora passiamo alla trama.

Siamo nel Texas meridionale e in una stazione radio, la radiofonista Vanita “Stretch” Brock (Caroline Williams) riceve una chiamata alquanto molesta da due ragazzi spinti a massima velocità su una strada sperduta. I due sono alla ricerca di belle ragazze e di “forti emozioni”, ma le cose si complicano quando vengono inseguiti da un furgone (in retromarcia tra l’altro), sul quale appare un terribile personaggio armato di motosega che li uccide, facendoli a pezzi. Vanita ne è testimone indirettamente, dato che, mentre i macabri fatti si stanno verificando, lei è dall’altra parte del telefono della stazione radio e sente le urla strazianti dei due poveri ragazzi e il ruggente rumore di una motosega.

In Texas ci sono diverse segnalazioni di sparizioni ed omicidi perpetrati per mezzo di una motosega, ma la polizia non sembra interessarsene più di tanto, tranne il tenente William “Lefty” Enright (Dennis Hooper), deciso a scovare i colpevoli. Lefty, tra l’altro fratello di uno delle vittime del primo film, approfitta di Vanita, per attirare i bruti alla stazione radio. Di fatto, Lefty consiglia a Vanita di far partire la registrazione audio come fosse una normale richiesta di una canzone, così che funga da monito alla polizia e agli abitanti della zona. In realtà, il vero piano di Lefty è attirare i bruti alla stazione radio per poi inseguirli fino al loro nascondiglio, dove potrà compiete la sua vendetta. Vanita in tutto questo si trova implicata, ma, addirittura, volenterosa, fin dai primi momenti del film, perché è la sua occasione per “fare qualcosa” … Alla fine, vedremo, che se ne pentirà amaramente.

Nel film ci sono alcune note dolenti, come alcuni sbagli nel montaggio, sequenze affrontate dai personaggi con un’irrazionalità disarmante, un Leatherface che parrebbe più centrale nella narrazione e, di fatto, lo è, ma che perde molto di quel sapore funereo e di quella potenza espressiva del vecchio “Faccia di cuoio” che qui cambia in una direzione più umoristica, ma anche più umana: vediamo infatti “Bubba” Sawyer (il vero nome di Leatherface) essere un uomo che si direziona alla violenza non solo perché ne trae piacere, ma anche perché gli viene soprattutto imposto dai familiari, folli e crudeli quanto lui, se non di più.

Anche alcuni dialoghi appaiono fin troppo ripetitivi, soprattutto tra i fratelli Sawyer che, più che inquietare, emettono un senso di “clownoneria” pazzesca, in certe sequenza. L’effetto, come già preannunciavo, è dato dall’accento più umoristico e anche da un make-up più pesante e meno realistico, quindi dipende anche un po’ con che spirito uno si mette a guardare il film. Se lo guardate aspettandovi il film dell’orrore puro, cupo, gore, avete sicuramente troppe pretese. Se il vostro intento è quello di divertirvi e comunque spaventarvi e avere quel minimo di ribrezzo, allora questo è il film che fa per voi.

In ultima notazione, il finale del film, da una parte, può risultare molto ben espresso nell’inquadratura in sé, ma, sostanzialmente, può voler dire tutto e può voler dire niente. Mi spiego: non mi è chiaro se la protagonista, alla fine, impazzisce, scimmiottando i movimenti di Leatherface, diventandone magari una sorta di emulatrice, o se, molto semplicemente, è uno sfogo adrenalinico dell’ultimo secondo, come poteva esserlo la risata folle della ragazza scampata all’ultimo secondo nel primo film.

Detto questo, sembrerebbe che la mia intenzione sia quella di smontare il film pezzo per pezzo, ma, sorpassando tutti i no-sense che il film può avere, Non aprite quella porta – Parte 2 non è un film così terribile. Non è, certamente, paragonabile al primo e non lo si può definire un capolavoro, ma, nell’insieme è un film anni ‘80 che intrattiene, ha degli sviluppi interessanti e un comparto di effetti speciali eccellente, tra l’altro curata da Tom Savini (se non sapete chi sia, si vadino ad informare).

Tra gli sviluppi più interessanti della storia ce n’è uno che mi sono tenuto per ultimo perché non volevo fare spoiler, quindi semmai andatevi a vedere il film e dopo tornate qui sull’articolo.

Nella storia i fratelli Sawyer, soprattutto il maggiore, Drayton Sawyer (Jim Siedow) che si presta da rappresentate della famiglia, gestiscono un piccola impresa a gestione familiare (ovviamente), dove producono spezzatino di carne … umana. Il bello o brutto, vedete voi come giudicarlo, è che questi sono anche conosciutissimi e apprezzatissimi dalla gente del luogo, ignara ovviamente dell’”ingrediente segreto”, e vincono pure un premio per il secondo anno di fila nella fiera del paese. Qui Hooper, secondo il mio parere, ci mostra essenzialmente l’ingenuità della gente e quanto siamo facilmente raggirabili anche da dei folli come i fratelli Sawyer. Un personaggio, come Drayton, che si mostra come un tradizionalista e un buonaccione, in realtà cela dietro la sua figura un maniaco assassino cannibale. Ciò era assente nel primo film e qui, invece, Hooper ha voluto allargare, forse volutamente, il campo, proprio per inserire anche il pubblico in un prospetto più sociale.

Vi ho tenuto qui anche troppo a leggere, quindi riposate gli occhi e guardatavi qualche bel film, anche questo se vi è piaciuta la recensione.

Un saluto a tutti gli amici e lettori di CineMachine e ci “leggiamo” al prossimo articolo.

Buon cinema a tutti!