3 film: il cinema western negli anni 2000

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In questo clima pandemico molti di noi si sono trovati costretti in casa e in tali circostanze non sono molti i passatempi che possiamo utilizzare per non cadere nella noia più completa.

Tra questi c’è sicuramente il mio preferito, ovvero guardare un bel film da soli o con i proprio familiari e qui di seguito vi lascio con un breve commento su tre film western usciti negli anni 2000 che mi sono piaciuti e che ho pensato, spero bene, di condividere con i miei cari lettori.

Mi perdoneranno gli amanti di Tarantino se non ho citato “Django Unchained” o “The Hateful Eight”, ma mi sembravano fin troppo scontati. Dopodiché chi non li ancora visti, si deve come minimo genuflettere sui ceci come Fantozzi.    

Hostiles

Scott Cooper mi era parso un regista abbastanza modesto dopo aver visionato Black Mass (2015), storia di un famoso gangster di Boston che di buono aveva perlopiù l’interpretazione di Johnny Depp anche se nemmeno quella riuscì a renderlo memorabile. 

Il film comunque incassò benino e nel 2017 il regista tornò al cinema con”Hostiles” (tradotto: “ostili”), un western di frontiera, dove troviamo il Capitano Joseph J. Blocker, interpretato magistralmente da Christian Bale, il quale si troverà obbligato dal suo comandante ad accompagnare un capo Cheyenne e la sua famiglia nella loro riserva. Nel percorso si imbatteranno anche in una donna alla quale è stata uccisa la famiglia da una banda di indiani Comanche. 

Ciò che mi ha colpito di questo film è la profondità con cui il regista tenta di raccontare una storia che parla del perpetuo odio e risentimento che si frappone fra i pellerossa e i visi pallidi. Di fatto c’è ben poco per cui fare il tifo. Sia i soldati dell’esercito che i pellerossa si rivelano essere degli assassini e nel film ne prendono sempre più consapevolezza, evidenziando energicamente l’assurdità della violenza e dell’odio. 

Vi sono diversi anfratti emotivi nei personaggi che Scott decide di rivelare nella sua messa in scena che ci rivelano questa assurda ed indiscutibile realtà. La violenza chiama altra violenza e l’odio non fa altro che cibarsi di se stesso. Con una messa in scena a tratti ispirata ed a tratti decisamente troppo dilatata nei tempi, il film riesce a reggersi in piedi grazie a delle grandi interpretazioni ed una bellissima colonna sonora. 

Il film rischia di annoiare dopo la prima metà, ma si rivela ancora più interessante nella seconda parte, dove vedremmo un epilogo drammatico, ma che regala anche in brivido di speranza per un mondo che forse ne ha avuto abbastanza della violenza. 

Bone Tomahawk 

Nel mondo cinefilo mi chiedo chi non abbia sentito parlare di “Bone Tomahawk”? La storia di una tranquilla cittadina nel vecchio West che viene sconvolta dal rapimento di alcuni membri della comunità da parte di un gruppo di indiani. Un piccolo contingente di uomini parte alla ricerca degli scomparsi, ma quello che troveranno sarà a dir poco terribile. 

Un western con una storia apparentemente tradizionale che si miscela con garbo e sapienza con altri generi, rendendo la storia affascinante e ricca di tensione. 

Nel casting troviamo un formidabile Kurt Russell che dopo “The Hateful Eight” (2015) torna al genere nel ruolo dello sceriffo Franklin Hunt che insieme al suo vice, interpretato stupendamente da Richard Jenkins, il marito di una delle rapite (Patrick Wilson) e un misterioso ed affascinante pistolero (Matthew Fox), condurranno le ricerche lungo un impervio viaggio che li condurrà a scoprire una tribù indiana diciamo anomala.

Un film non per tutti, ma che agli amanti del genere, soprattutto quello più splatter, che arriverà verso l’epilogo della storia, non potrà che entusiasmare. 

Il regista S. Craig Zahler riesce a comporre un quadro completo fatto di dramma, tensione ed azione, con una messa in scena magnifica, degna forse dei migliori western alla John Ford, ed un montaggio dal ritmo notevole che la fanno da padroni per tutto il film. Aggiunta poi la magnifica interpretazione dei suoi personaggi, scritti e descritti in un modo meraviglioso, Zahler riesce a regalare un film sinuoso in cui sembra che tutto possa succedere e nel finale arriverà qualcosa che non può far altro che sorprendere e scandalizzare lo spettatore medio. 

Un film brutale sotto molti punti di vista, che parla del fare ciò che deve essere fatto e dell’andare fino in fondo, con determinazione e coraggio, anche se si prevedono le conseguenze. 

Quel treno per Yuma

James Mangold è stato il regista di uno dei film più importanti nel genere supereroistico, ovvero “Logan” (2017) dove per l’ultima volta Hugh Jackman avrebbe vestito i panni di Wolverine. Ma prima di questo grande trionfo, Mangold aveva sperimentato molto, passando per il drammatico adolescenziale, alla commedia romantica per finire poi nel thriller-horror.

Fortunatamente per noi il regista si è anche soffermato sul genere western, portando sul grande schermo nel 2007 una pellicola non eccezionale, ma che ha dalla sua parte una grande storia e dei grandi interpreti, tra i quali contiamo Christian Bale nel ruolo del veterano Dan Evans che si impegnerà a fare da scorta al fuorilegge Ben Wade, interpretato da un affascinante e cattivissimo Russell Crowe. Al seguito menzioniamo anche Peter Fonda nel ruolo di un volontario al seguito del contingente di sorveglianti.

Ciò che mi è particolarmente piaciuto di “Quel treno per Yuma” è il fatto che pur essendo un remake, riesce a non scimmiottare la storia del suo omonimo del ‘57, ma a darle una spinta in più e renderlo più brutale e disincantato. Merito di una regia decisa che sa gestire bene i tempi, senza mai annoiare lo spettatore e degli interpreti che sanno dare sapore e carattere ai loro personaggi. 

Risulta difficile non affezionarsi al veterano come d’altro canto al fuorilegge, i quali hanno entrambi le loro ragioni per fare ciò che fanno. Da qui l’infimo dualismo che governa l’uomo che spesso e volentieri è portato a compiere delle azioni che trascendono il mero senso della giustizia in senso stretto. Un film che non ci da un chiara definizione di giusto e sbagliato e ci dice espressamente che il confine non è mai così netto come potremmo pensare. 

Ciò che più conta è lo spirito di redenzione e il vero senso di giusto e sbagliato che, più che risiedere nelle leggi, risiede per primo nel cuore di ogni persona. Forse anche di uno spietato fuorilegge.