Il pozzo e il pendolo: come Roger Corman ci ha insegnato ad amare Edgar Allan Poe

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Gli anni Sessanta si ricordano per molti motivi. Nella storia del cinema iniziava una nuova era. L’era del cinema moderno.

I francesi erano in rivolta con una nuovo pensiero sul cinema e che diventerà del cinema: la “nouvelle vague”. In Italia nascevano grandi registi destinati a diventare parte anche loro della storia della settima arte: Federico Fellini, Luchino Visconti, Michelangelo Antonioni, Pier Paolo Pasolini e Francesco Rosi. Negli Stati Uniti la televisione cominciava a dare problemi al mercato cinematografico, nasceva un nuovo genere di western e i registi chiedevano più libertà di espressione.      

In tutto questo un veterano di guerra che aveva lavorato alla 20th Century Fox come fattorino cominciò a produrre e dirige piccoli film a basso budget, diventando per molti una leggenda nel mondo delle produzioni cinematografiche e scoprendo talenti del calibro di Jack Nicholson, Ron Howard, Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, Peter Bogdanovich e tante altre celebrità legati al mondo di Hollywood. 

Dopo esserci cimentato in vere e proprie imprese come “La piccola bottega degli orrori”, girato in due giorni e una notte, Corman cominciò a dirigere una serie di film tratti dai racconti di Edgar Allan Poe per la casa di produzione Alta Vista Productions. 

Il film di cui parlerò brevemente è il secondo tratto da questa serie di racconti e si intitola “Il pozzo e il pendolo” con protagonista Vincent Price nel ruolo di Nicholas Medina, un uomo tormentato dalla visione della morte violenta della madre, torturata ed infine murata viva dal marito, il padre di Nicholas, dopo che egli scoprì che questa lo tradiva con il fratello.

Tutti i film diretti da Roger Corman e tratti dai racconti di Edgar Allan Poe sono ritenuti dagli esperti i suoi film migliori ed il loro fascino e la loro celebrità si è andata sempre più a consolidare nel corso del tempo.

La sceneggiatura del geniale Richard Matheson, la fotografia di Floyd Cosby (Tabù, Mezzogiorno di fuoco), le musiche di Les Baxter (I vivi e i morti, La maschera del demonio) e le scenografie costruire da Daniel Haller e l’arredatore Harry Reif sono l’emblema di quel cinema gotico che, seppur derivativo di quello italiano del maestro Mario Bava, era riuscito quasi a soverchiare il carattere distintivo di quel tipo di cinema, creando a sua volta qualcosa di splendidamente unico.  

Rispetto a “I vivi e i morti”, qui Corman riesce a superarsi, curando ogni minimo dettaglio e componendo un dipinto di immagine quasi ci trovassimo di fronte ad un’opera di Giotto, ed è questo il segno lampante che Corman non era un semplice regista di film economici di bassa qualità. Era un artista audace e inventivo e questo film rimane uno dei suoi capolavori più potenti. 

Una gioia per lo sguardo che mai annoia e mai si rivela banale nelle sue scelte di stile o narrative. Il film cattura l’orrore gotico delle storie di Poe e dà loro omaggio in modo splendido. Dalla presenza maestosa sullo schermo di Vincent Price ai meravigliosi set, “Il pozzo e il pendolo”  non può che non essere definito un capolavoro del e nel suo genere. Un film da far invidia alle grandi produzioni cinematografiche che spesso tanto spendono e tanto poco ne ricavano. Un tesoro prezioso del cinema horror-gotico.