La Corte penale internazionale bacchetta l’Italia sul caso Almasri e chiede spiegazioni

La Corte penale Internazionale bacchetta l’Italia sul caso Almasri. “Non eseguendo correttamente la richiesta di arresto e consegna del generale libico Almasri, l’Italia non ha rispettato i propri obblighi internazionali di cooperazione” si legge nel documento dela camera preliminare della Cpi, che ha tuttavia deciso a maggioranza di rinviare la scelta su un eventuale deferimento dell’Italia all’assemblea degli Stati o al Consiglio di sicurezza dell’Onu e invitando il Governo, si legge ancora nel documento, “entro il 31 ottobre a fornire informazioni su eventuali procedimenti interni pertinenti e sul loro impatto sulla cooperazione con la Corte”.

Le tre giudici della camera preliminare I de L’Aja, nelle loro conclusioni, ritengono “all’unanimità che l’Italia non abbia agito con la dovuta diligenza né utilizzato tutti i mezzi ragionevoli a sua disposizione per ottemperare alla richiesta di cooperazione della Corte penale internazionale. “Il governo”, si legge ancora nel documento, “non ha inoltre fornito alcuna valida ragione giuridica o ragionevole giustificazione per il trasferimento immediato di Almasri in Libia, anziché consultare preventivamente la Corte o cercare di rettificare eventuali difetti percepiti nella procedura d’arresto”.

Pur constatando la violazione, le giudici hanno comunque scelto di non deferire subito il caso all’Assemblea degli Stati parte o al Consiglio di sicurezza dell’Onu, assicurando di tenere in considerazione la “complessità” del caso. A maggioranza è stato deciso di concedere al governo una proroga fino a venerdì 31 ottobre per fornire ulteriori chiarimenti e informazioni su “eventuali procedimenti interni” connessi alla vicenda, come quello aperto al Tribunale dei ministri nei confronti della premier Giorgia Meloni, dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, e del sottosegretario Alfredo Mantovano.

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