Usa, esplode la rabbia per la morte di George Floyd: a Minneapolis devastato il commissariato

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A Minneapolis monta la rabbia per la morte di George Floyd, l’afroamericano di 46 anni soffocato da alcuni agenti di polizia durante un controllo. Esplode nel terzo giorno di proteste e si espande in altre città degli Stati Uniti.

I media locali riferiscono di centri commerciali devastati, auto in fiamme, strade invase dai lacrimogeni e collegamenti pubblici sospesi. I manifestanti, a Minneapolis, sono anche riusciti ad entrare nel commissariato degli ex agenti coinvolti nella morte di Floyd, frantumando i vetri delle finestre, vandalizzando gli uffici e dando alle fiamme parte dell’edificio. Quest’ultimo è stato evacuato per sicurezza, dopo che gli agenti hanno esploso alcuni proiettili di gomma contro i dimostranti. Altri edifici della zona sono stati vandalizzati appiccando dei fuochi.

Un corteo ha marciato verso il centro della città chiedendo giustizia e scandendo slogan contro la polizia e Donald Trump. Non distante dal luogo in cui Floyd è stato soffocato, un gruppo di facinorosi ha tentato di assaltare un mall ma è stato respinto dai gas lacrimogeni della polizia. Il sindaco di Minneapolis, Jacob Frey , ha dichiarato l’emergenza locale,  chiedendo aiuto allo Stato, per riportare “l’ordine e la calma”.

Ma le Proteste sono esplose anche in molte altre città d’America, tra cui New York Oakland, in California, e Denver, in Colorado. Cortei e sit in anche a Chicago e San Francisco.

Nella Grande Mela centinaia di persone sono scese in strada a Manhattan per protestare contro la morte di George Floyd ed esprimere la propria rabbia contro la violenza della polizia nei confronti degli afroamericani. Almeno 30 persone sono state arrestate.  Momenti di tensione attorno a City Hall, la sede del municipio, dove c’è stato un lancio di bottiglie e di altri oggetti verso gli agenti. Un manifestante è stato arrestato per possesso di armi, altri per aver gettato in strada i secchi dell’immondizia e aver bloccato la circolazione.

A Denver, in Colorado, è scattato il lockdown dello State Capitol, l’assemblea statale, dopo che alcuni colpi di arma da fuoco sono stati sparati mentre era in corso una manifestazione per protestare contro la morte di George Folyd, a Minneapolis, per mano della polizia. La situazione è tesa e molti dimostranti hanno bloccato alcune arterie stradali della città.

A surriscaldare il clima di scontro si aggiungo le notizie sul fronte delle indagini a carico degli ex poliziotti coinvolti nel caso. I quattro hanno deciso di non collaborare con gli investigatori, avvalendosi della facoltà di non rispondere. Al momento non è stato emesso nessun capo d’accusa per gli agenti licenziati. Nell’inchiesta è intervenuta ora anche l’Fbi, che sta visionando tutti i video disponibili relativi al fermo: George Floyd era disarmato ed ammanettato con la faccia a terra quando l’agente ha messo il ginocchio sul collo, uccidendolo, nonostante gridasse che non riusciva più a respirare.

Quella di Floyde, è solo “l’ultima di una lunga lista di uccisioni di afro americani disarmati”, per dirla con le parole dell’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani Michelle Bachelet che elencando alcune delle vittime recenti, da Breonna Taylor a Eric Garner, chiede – in un appello agli Stati Uniti –  di fermare gli omicidi degli afroamericani da parte della polizia.