Qatargate, Panzeri patteggia: un anno di detenzione in cambio di “dichiarazioni sincere”

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Svolta nella vicenda Qatargate. Nuove informazioni per capire il modus operandi, potrebbero arrivare da Pier Antonio Panzeri. L’ex eurodeputato socialista, ha infatti scelto la strada della collaborazione, firmando un accordo con la giustizia belga.

Per Panzeri un massimo di un anno di detenzione in carcere che potrebbe scontare anche con l’ausilio del braccialetto elettronico, a patto che le sua informazioni siano determinati per scoperchiare l’intero imbroglio. Tra le informazioni che dovrebbe fornire: gli accordi finanziari con i Paesi terzi, le strutture finanziarie messe in atto, i beneficiari delle strutture realizzate e dei vantaggi offerti, il coinvolgimento di persone note e sconosciute nel caso, inclusa l’identità delle persone che ammette di aver corrotto.

Panzeri, secondo i media belgi, avrebbe ammesso “di aver partecipato a un’organizzazione criminale e di essere stato un corruttore attivo” e “di aver consegnato 120mila euro al collega socialista Marc Tarabella”.

La Procura federale belga ha quindi confermato l’accordo: “Uno degli importanti protagonisti di questo caso, Pier Antonio Panzeri, accompagnato dai suoi avvocati, ha firmato un memorandum con il Procuratore Federale, riguardo gli articoli da 216/1 a 216/8 del Codice di procedura penale”, si legge in un comunicato stampa della Procura federale. Oltre alla reclusione l’accordo prevede ” una multa e la confisca di tutti i beni finora acquisiti, stimata attualmente in un milione di euro”.

Le accuse. Panzeri è accusato di presunti atti di organizzazione criminale, corruzione e riciclaggio di denaro per influenzare le decisioni Ue su Qatar e Marocco. per lui le porte dell’aula del tribunale di Bruxelles si riapriranno a febbraio, per un riesame della sua custodia cautelare.

Coinvolta tutta la famiglia Panzeri. Il 16 gennaio, la Corte d’appello di Brescia ha dato l’ok per l’estradizione in Belgio di Silvia Panzeri, figlia dell’ex eurodeputato. Per la moglie Maria Colleoni invece, un altro collegio della Corte ha autorizzato la consegna. Le due donne sono ai domiciliari in Italia, con le accuse di concorso in associazione per delinquere, corruzione e riciclaggio.