Svolta nella morte di Liliana Resinovich, sconosciuta la traccia del DNA ritrovata sul corpo

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Foto tratta dal profilo Facebook di Liliana Resinovich

Possibile svolta nelle indagini per la morte di Liliana Resinovich, 63enne triestina scomparsa da casa il 14 dicembre ed ritrovata senza vita il 5 gennaio nel vicino boschetto dell’ex ospedale psichiatrico. La traccia biologica trovata sul cordino che stringeva al collo i due sacchetti di nylon in cui era infilata la testa della donna non appartiene nè al marito Sebastiano, né all’amico Claudio, né al vicino di casa Salvatore.

Al momento del ritrovamento del corpo, infilato in due sacchi della spazzatura, uno dalla testa ed uno dai piedi, gli inquirenti non hanno escluso nessuna pista, e non era mai stata accantonata anche l’ipotesi del suicidio. Ad avvalorare questa tesi, la traccia del Dna di Liliana sul cordino del sacco che avrebbe usato per soffocarsi. Solo che non era una traccia pulita ma mista, ovvero quello della donna non era il solo Dna presente. Ce ne era anche uno maschile ma debole, ed ecco perchè è servita l’analisi scientifica.

L’ipotesi, anche se debole, è che la traccia potesse appartenere ad una delle persone più vicine a Liliana e cioè il marito Sebastiano Visintin, l’amico del cuore Claudio Sterpin, e il vicino di casa Salvatore Nasti. Dopo l’esito dell’esame del Dna, ed aver escluso l’appartanenza ad uno dei tre, gli investigatori ritengono che la soluzione delle indagini possa essere il suicidio della 63enne.