Adesso basta, torniamo a coltivare il senso della misura

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“E’ una puttana”. “Siete razzisti”. “Fatti violentare dai negri, zingara”. “Sei un ignorante”. “Sbruffoncella”. Qualcuno ha già perso il senno, altri rischiano di perderlo. La valanga di polemiche, insulti, offese che in queste ore sulla vicenda Sea Watch sta inondando i social – fra chi è pro e chi è contro – ha raggiunto livelli allucinanti ed inquietanti. Sa di follia collettiva, da qualsiasi parte la si guardi.

Sono i frutti di semi d’odio che da anni vengono coltivati con cura nel nostro paese, fagocitando i sentimenti peggiori dell’essere umano. Una “cura” che ha trovato in Facebook e negli altri social network il terreno più fertile, una cassa di risonanza terribile, dove le parole in libertà che una volta si proferivano al bar (magari dopo qualche bicchiere di troppo), in casa o fra quattro amici, ora trovano un megafono senza limiti, davvero pericoloso. Così è accaduto che anche sulla nostra pagina oggi qualcuno abbia dato della “puttana” alla capitana della Sea Watch, Carola  Rackete. E’ successo anche che qualcun altro parlasse in modo offensivo di “negri” e altri ancora dessero dell'”ignorante” a chi non la pensava come loro. Offese di questo tipo non sono ammissibili, verso nessuno.

Non entriamo nel merito di quanto è accaduto a Lampedusa, ma invitiamo tutti a riflettere, a informarsi, a pensare, sopratutto magari leggendo articoli che non sono in linea con le proprie idee perché questo aiuta ad avere uno sguardo completo (e quindi più obiettivo) sui fatti. Più informazioni e meno esternazioni, insomma.

Ci teniamo anche a ribadire quanto già scritto oggi e in passato: non accettiamo offese nei commenti ai nostri articoli. Quello che fa più specie è che a volte non vi sia nemmeno la comprensione del fatto che libertà di parola e libertà di offesa non sono proprio la stessa cosa. Sarà impegnativo, forse perderemo qualche lettore per strada. A volte magari faremo anche fatica a tracciare il confine fra cosa è offesa e cosa non lo è. Pazienza, ci alleneremo. Personalmente, a chi penserà di essere stato censurato (che non è nelle nostre intenzioni), vorrei poter spiegarmi di persona, magari davanti a un caffè.

Una cosa è certa, infatti: mai come oggi tutti – davvero tutti – abbiamo bisogno di rispettare (le opinioni altrui), di confronto (costruttivo), di comprensione e approfondimento prima che di espressione. Abbiamo bisogno di coltivare il dubbio e abbiamo urgenza di ascolto reciproco. Forse, ci serve anche di un po’ di silenzio.

Chi ha responsabilità – politici, giornalisti, persone pubbliche – ha una responsabilità pesante. Noi sappiano di averla e non ci tiriamo indietro. Ci proveremo, a mantenere una linea di rispetto. Contiamo vorrete seguirci.