Manager ricoverato con Covid-19, la famiglia: “dal tampone in poi è rimasto in isolamento”

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Uno scorcio della grande azienda di Pojana, entrata nel novero dei focolai in Veneto.

La “caccia all’untore” su cui si sono scatenati in tanti, negli ultimi giorni, politici e organi di stampa compresi, va parzialmente rivisitata. Prendendo quanto meno in considerazione il comunicato pubblicato ieri sull’home page dell’azienda Laserjet di Pojana di Maggiore, in cui il nome di Lino Fraron, 64 anni, fino a sabato tenuto sotto riserbo per ragioni di privacy e in rispetto di un malato in gravissime condizioni di salute, appare per la prima volta. Le sue condizioni sono stazionarie, secondo i medici che lo seguono in terapia intensiva a Vicenza.

Istanze delicate a cui, però, hanno fatto da contraltare alla riservatezza garantita dalla legge delle altre ragioni, connaturate dalla pubblica utilità. Vale a dire informare chi avesse avuto contatti diretti o indiretti con il dirigente vicentino ora assistito al San Bortolo dopo il ricovero di mercoledì scorso. Poi lo scoppio del caso da prima pagina, il giorno dopo, con il governatore veneto Luca Zaia a diffondere la notizia in presa diretta. Di un caso che le linee guida sanitarie definiscono come “focolaio“, cioè quando due o più persone affette dal Covid sono riconducibili allo stesso ambito, lavorativo in questa vicenda. Cinque i positivi, 117 i monitorati in regime di sorveglianza distribuiti in tre province.

In estrema sintesi, fino alla data del 28 giugno, quella dell’accertamento tramite tampone risultato poi positivo sul paziente di Sossano, il manager non sapeva di essere positivo al virus. O, almeno, non ne era certo. Lo stato di salute precario con cui si era messo però in marcia verso la Bosnia, al ritorno da un precedente viaggio di lavoro in Serbia, non sarebbe in discussione, mentre rimane da verificare se dopo l’incontro con un imprenditore serbo Lino Fraron fosse stato messo o meno a conoscenza dell’infezione patita da quest’ultimo, poi deceduto: una serie di “leggerezze” che lo ha portato in prima persona a rischiare – tutt’ora – la vita, e mettere in pericolo la salute di chi con lui ha avuto contatti nei giorni successivi al rientro.

La famiglia Fraron, con il figlio e il fratello di Lino in particolare, ha reso noto che le misure di sicurezza in azienda sono state adottate con puntualità e che nessuno tra i dipendenti risulta positivo al contagio. Ad eccezione, questo è chiaro, di chi aveva accompagnato in auto il dirigente nelle due esperienze all’estero (tre collaboratori in tutto). Nella nota si assicura inoltre, un fatto rilevante: tra il 28 giugno – giorno del rifiuto del ricovero dopo l’accertata positività al coronavirus – e il 1 luglio il congiunto si era chiuso in casa in isolamento domiciliare, prima di venire convinto a farsi curare in ospedale dopo l’aggravamento delle sue condizioni di salute. “Congiunto sulla carta”, visto che non incontrava da tempo i familiari, da svariate settimane.
Una quinta persona contagiata risulta corrispondere a un contatto privato dell’uomo, e rientra quindi nella sfera personale più intima. Pur rimanendo in piedi buona parte delle accuse mosse a carico della mancata prudenza – o grave irresponsabilità a seconda delle chiavi di lettura – da parte di Lino Fraron, tra cui la partecipazione a una festa con un centinaio di persone presenti e a un funerale nei giorni precedenti al riscontro di positività al Covid-19, la ricostruzione di fatti e contatti andrebbe rivista per dovere di correttezza, pur non mutando la sostanza.

“Su quanto successo prima del 28 giugno non abbiamo informazioni certe e per tale motivo preferiamo non dire niente – si legge nel sito aziendale di Laserject, società che dà lavoro a circa 170 dipendenti -. Possiamo invece confermare che è stata attestata la positività al Covid-19 di Lino nella giornata di domenica 28. Lino ha rifiutato il ricovero e, seguendo le procedure sanitarie previste dal protocollo, è stato accompagnato in autoambulanza nella sua abitazione con tutte le attenzioni del caso per lui e per il personale sanitario coinvolto. Possiamo garantire che da domenica 28 a mercoledì 1 luglio (giorno del suo ricovero) Lino è rimasto in isolamento presso la sua abitazione. Confermiamo inoltre che durante quei giorni Lino ha avuto contatti con altre tre persone, attualmente in isolamento; due delle quali hanno già il risultato del tampone, negativo. Aspettiamo entro lunedì l’esito dell’ultima persona che comunque resta in isolamento a domicilio”.

Infine le rassicurazioni alla rete di attività produttive che fanno capo alla sede principale di Pojana Maggiore. “Le nostre aziende hanno sempre rispettato tutte le precauzioni e attuato i protocolli anti-covid, in maniera attenta e dettagliata. Non esiste alcun pericolo a riguardo di ciò. Ci stiamo attivando per dare un ulteriore messaggio di sicurezza e di certezza che non esiste alcun pericolo ulteriore di contagio, in quanto le persone potenzialmente coinvolte sono tutte in isolamento. Concludiamo smentendo ogni falsa notizia di coinvolgimento della famiglia Fraron al contagio del Covid-19 in quanto nessuno di noi ha avuto contatti con Lino da svariate settimane almeno”.