Strasburgo contro l’Italia: riformare la legge sull’ergastolo ostativo

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Alla fine il tanto atteso verdetto Ue sull’ergastolo “ostativo” è arrivato e va contro tutti gli appelli lanciati nei giorni scorsi dai maggiori esponenti politici e di governo.

L’Italia deve infatti riformare la legge che, impedisce al condannato di usufruire di benefici sulla pena se non collabora con la giustizia. Lo ha stabilito la Corte di Strasburgo, rifiutando la richiesta di un nuovo giudizio avanzata dal governo italiano dopo la condanna, che adesso diventa definitiva, emessa il 13 giugno.

Secondo la giurisprudenza della Corte Ue: a chi è detenuto non si può togliere del tutto anche la speranza di un recupero, ma al soggetto in carcere va riconosciuta la possibilità di redimersi e di pentirsi ed avere quindi l’ultima chance di migliorare la propria condizione.

Il 13 giugno del 2019 la Cedu – a maggioranza, con un giudice contrario – diede ragione al ricorso di un boss di ‘ndrangheta, Marcello Viola, che aveva fatto causa allo Stato italiano. Condannato a quattro ergastoli per omicidi plurimi, occultamento di cadavere, sequestro di persona e detenzione di armi, in base all’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario Viola non può accedere all’assegnazione al lavoro all’esterno, ai permessi premio, e alle misure alternative alla detenzione, visto che non ha offerto alcuna collaborazione, anche quella che risulta oggettivamente irrilevante.

Per la Cedu quell’ergastolo “duro”, viola l’articolo 3 della Convenzione che vieta la tortura, le punizioni disumane e degradanti, soprattutto nega la possibilità di un percorso rieducativo. Da qui l’invito all’Italia a rivedere la legge.

Un invito, che però non rappresenta un obbligo, ma produce come conseguenza, una serie di altri ricorsi di detenuti che lamentano condizioni disumane, tant’è che a Strasburgo ce ne sarebbero già altri 24. Inoltre anche la Corte costituzionale italiana, il 23 ottobre, dovrà trattare il caso di Sebastiano Cannizzaro, un altro detenuto per mafia, che protesta per la mancanza di permessi.

La questione dell’ergastolo ostativo ha diviso e continua a dividere il mondo della cultura giuridica: tra coloro che sostengono la necessità di un carcere umano – come l’ex pm di Mani Pulite Gherardo Colombo e l’ex senatore Luigi Manconi – e chi invece ritiene che aprire le maglie della carcerazione per i mafiosi significhi distruggere anni di politica contro le cosche. Sono soprattutto magistrati antimafia come Gian Carlo Caselli, Nino Di Matteo, Federico Cafiero De Raho, Sebastiano Ardita, Luca Tescaroli, a sostenere questa seconda strada.

Anche l’ex procuratore e presidente del Senato Piero Grasso, ricorda che l’eliminazione dell’ergastolo ostativo “Era uno dei punti del papello di richieste che Totò Riina pretendeva dallo Stato per fermare le stragi. Ce l’ ha raccontato proprio Giovanni Brusca”, dice l’ex procuratore nazionale antimafia in un’intervista al Corriere della Sera.

Stessa linea per il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e degli Esteri Luigi Di Maio, i quali hanno tentato – nei giorni antecedenti al verdetto odierno – di far comprendere il danno che ricadrebbe sulla lotta alla mafia se l’ergastolo ostativo venisse cancellato.