A Schio si culla una bebè “speciale”. E’ tra le prime in Italia già con gli anticorpi anticovid

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Anna e Nicola con la neonata Elena

Una scelta “di pancia”, anzi di pancione. Ha appena compiuto due settimane di vita e, tra una poppata e l’altra, la neonata Elena gode di ottima salute e pure di ottima protezione se così si può dire: il suo esile corpicino, infatti, a 48 ore dalla nascita era già (in base agli esami di verifica) pronto a respingere eventuali attacchi di una malattia pandemica che da 15 mesi sta sconvolgendo il mondo intero. Grazie a mamma e papà, Anna e Nicola i loro nomi, che hanno deciso insieme di “accettare” il siero immunizzante in gravidanza, dopo essersi attentamente documentati sugli studi disponibili in merito alle somministrazioni di vaccino alle gestanti.

Ed è così che la piccola nata all’ospedale di Santorso lo scorso 3 maggio è venuta alla luce, tra le prime in Italia, e la terza in Veneto, con già “in circolo” gli anticorpi al Covid-19 ereditati dalla madre. Entrambe stanno bene, il parto è avvenuto “a regola d’arte” e i genitori si stanno godendo il frutto della loro unione, nata al peso di 3,450 chili e con già una chioma che la rende ancora più sbarazzina.

Il secondo frutto, per la verità, visto che ad attendere fremente il nuovo arrivo nella casa della famiglia a Schio il bebè c’era anche Andrea, il fratellino più grande, di poco più di un anno e mezzo di età. Per la scledense Anna Greselin, (bis)mamma vicentina di 31 anni, una gioia indescrivibile come per ogni madre alla nascita di un figlio, con il surplus di una dose extra, stavolta di attenzioni, visto che si tratterebbe della prima bimba del Vicentino già (indirettamente) vaccinata contro il coronavirus. E con chi l’ha messa al modo, oggi, disponibile e cordiale nel raccontare il proprio percorso effettuato prima di accettare l’inoculazione della prima dose (a 36 settimane) e poi la seconda. Senza complicanze e con la piena consapevolezza della decisione presa insieme al compagno e marito.

Fisioterapista operativa nell’Ulss 7 Pedemontana proprio nel polo dove è nata la piccola Elena, Anna ha cominciato a considerare l’idea di vaccinarsi dopo un confronto con il suo medico ginecologo, approfondendo poi il tema. Lavorando nella sanità, Anna rientrava nelle categorie professionali a rischio. “E’ andata così: io ero favorevole in generale alla vaccinazione e come dipendente sanitario potevo accedere al vaccino. Nel corso della visita ginecologica ho chiesto un parere, la possibilità di contrarre il Covid è la stessa di qualsiasi altra persona, ma una donna quando è incinta ha i polmoni in parte schiacciati e quindi potenzialmente esposta a maggiori rischi in caso di malattia. Poi è uscito un primo studio del dottor Jorizzo con il quale ci siamo stati in contatto, sulle due bimbe nate da donne medico a Padova, credo l’unico in Italia, e ne abbiamo consultato anche un secondo svolto in America a marzo su un centinaio di donne in gravidanza. Infine abbiamo fatto le nostre riflessioni. Non è stata solo una questione di principio, ad altre future mamme che mi chiedonoun consiglio dico di valutare la situazione generale, di ragionare sui rischi e le condizioni di salute della madre, senza forzature”.

Nessuna “spinta” a fare da cavia, nessuna rassicurazione assoluta sul buon esito della vaccinazione. Altrettanto, però, nessuna scelta a cuor leggero o per così dire “integralista” per ragioni di principio o ideologiche. Anna ci tiene a far presente tutto questo a scanso di equivoci, soprattutto a quelle che come lei stanno valutando la possibilità di vaccinarsi o meno nel corso della maturazione del feto. “Il dottor Jorizzo non ci ha mai garantito l’assenza di rischi sulla base delle conoscenze disponibili oggi, dandoci dei suggerimenti e presentandoci i dati in suo possesso. Al momento, comunque, non ci sono giunte notizie di effetti collaterali su mamme e neonati. Come si fa il vaccino trivalente in gravidanza si poteva considerare di aggiungere anche questo e abbiamo intrapreso questa strada, per proteggerci. Lo abbiamo deciso quando si era tornati in zona rossa: è stata una scelta fatta consapevolmente e condivisa in ambito familiare, condivisa dopo aver valutato rischi e benefici. Personalmente in quei giorni a marzo a un ceto punto me la sono sentita, come fosse una scelta ‘di pancia” dopo le riflessioni. Non lo definirei un salto nel buio, e in ogni caso, se anche lo fosse stato, abbiamo saltato insieme”!.