In cella il papà spacciatore denunciato dalla compagna: usava il bimbo come copertura

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Nel riquadro il 39enne arrestato dopo l'ordine emesso dal Tribunale. La droga sequestratagli nel 2015 sullo sfondo.

Una pessima storia da raccontare, quella che riguarda l’arresto di Nabil Kouirhi, nato in Marocco 39 anni fa e conosciuto come spacciatore abituale nell’Altovicentino. Ora un ordine di carcerazione lo costringerà a scontare 2 anni e 7 mesi di galera, per fatti avvenuti nel 2015, quando fu proprio la compagna – e madre del suo bambino poco più che neonato – a denunciarlo e privarsi volontariamente del piccolo pur di garantirgli un’esistenza migliore rispetto a quella a cui era predestinato.

Ad eseguire l’ordine di custodia e tradurre in cella il nordafricano sono stati i carabinieri di Schio, che hanno raggiunto il pregiudicato nei giorni scorsi comunicandogli la decisione del Tribunale di Vicenza. La condanna consegue all’arresto – in flagranza – avvenuto il 16 agosto del 2015, quando venne trovato in possesso di 450 grammi di hashish, oltre che di un televisore risultato rubato all’Hotel Eden di Schio.

All’epoca fu la convivente dell’uomo ad accelerare il corso delle indagini, per quanto fosse già volto conosciuto nell’ambiente dello spaccio le forze dell’ordine non avevano ancora focalizzato un soggetto divenuto punto di riferimento per i tossicodipendenti della zona. Tra questi, anche la compagna che, preoccupata per la piega che stava prendendo l’attività illecita dell’uomo con cui condivideva la casa e un figlio, aveva deciso di confidare i suoi timori ai servizi sociali , con il supporto dei carabinieri, e di consegnar loro il neonato.

La donna si era resa conto di non essere in grado di accudirlo nè di potergli garantire un futuro sereno, tanto più che secondo la versione esposta ai militari il piccolo rischiava di diventare a sua insaputa una sorta di corriere della droga. Uno stato di profondo disagio, insomma, che ha trovato un gancio di aiuto da parte degli enti preposti. Il marocchino, infatti, intendeva portare con sè il piccolo in auto durante le sue spedizioni per le consegne degli stupefacenti, in modo da dissuadere le forze dell’ordine da eventuali controlli più approfonditi.