“Ho visto il mondo”: una vita in volo col cuore a Cogollo. E quel viaggio a Cuba col Papa

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Fa un effetto strano da quaggiù vedere quegli aerei in volo passare quasi in silenzio sopra il ritmo frenetico di paesi e città che non si fermano mai. Dove andranno? Chi ci sarà a bordo? E chissà quante volte lo avrà pensato anche Daniela Zuccollo, a parte inverse, scrutando da un oblò quelle luci accendersi, quel senso di casa che per una vita è stato più che altro un ricordo custodito nel cuore e nascosto sotto una divisa che richiede lucidità e presenza, tra l’ennesima valigia da preparare e un aeroporto da raggiungere in tempo.

Oltre trent’anni da hostess per lei, iniziati alla fine degli anni Ottanta quando gli assistenti di volo nella provincia di Vicenza si contavano in una mano. Una professione abbracciata quasi per caso per quella ragazza bionda e un po’ introversa che da Cogollo del Cengio saliva ad Asiago nei mesi estivi per fare la stagione in albergo dove appunto gli avventori, notando il portamento ed un sorriso particolarmente accogliente, le suggerivano una carriera in volo.

“Con un’amica del paese decidemmo di andare a Londra per studiare l’inglese – racconta Daniela – naturalmente lavorando nel frattempo come cameriera. Provai a fare domanda in Alitalia e anche alla British Arways, ma la compagnia di bandiera del nostro Paese mi rispose negativamente, quella inglese proprio mi ignorò. Poi la svolta quando ormai credevo non sarebbe mai accaduto nulla: “Nell’arco di poche settimane mi richiamarono entrambe per una selezione, così decisi di giocarmela in casa soprattutto temendo il discorso della lingua”.

Un duro percorso tra test attitudinali, esami linguistici e perfino un’ardua prova di nuoto in caso di ammaraggio. Quattro step di selezione e decine di candidature via via eliminate prima dell’atteso traguardo dell’assunzione: “Ci sono arrivata nel dicembre del 1988 – ripercorre con sguardo ancora entusiasta l’assistente ora in pensione – dopo essermi studiata anche tutte le parti meccaniche dell’aereo, non di uno, ma di tutti quelli in uso all’epoca ed aver sostenuto un’importante formazione di primo soccorso. In volo, in assenza del medico, devi saper far nascere un bambino tanto quanto devi saper almeno riconoscere i sintomi di un infarto”.

Un primo volo da Roma a Nairobi con cinque giorni in terra africana a stupirsi di un mondo così diverso da Cogollo: “In quei anni – spiega Daniela – c’era una minor frequenza nei voli e avevi il tempo di fare delle visite e di gustare di paesaggi meravigliosi. Gli assistenti più anziani conoscevano ogni scalo alla perfezione e ad ogni meta avevano dei contatti: così quella volta andammo sul set de “La mia Africa” alle falde dell’imponente Kilimangiaro, ospiti di un vero e proprio cacciatore di trofei con quei ranch e una vista senza orizzonte che vedi solo nei film”.

Ma con il progredire dell’esperienza e la fiducia accordata dai suoi superiori per affidabilità e professionalità superiori alla media, Daniela viene inclusa in una lista di selezionati ad assistere voli molto speciali.
E ce n’è uno in particolare, in cui veramente l’hostess cogollese si è trovata faccia a faccia con la storia: “Era il gennaio del 1998 e mi chiesero se avrei voluto essere del team che avrebbe accompagnato Giovanni Paolo II a Cuba da Fidel Castro – ricorda Daniela quasi commossa – e pur conscia delle difficoltà ho accettato. Tredici ore e mezza di volo più quattro di preparazione: un’ora prima dell’atterraggio ci vennero a scortare coi cacciabombardieri. Il Papa era già molto provato dalla malattia, gli era stato preparato un grande letto e un piccolo pronto soccorso, ma quando scese dalla scaletta dell’aereo e noi per protocollo non potevamo che sbirciare da dietro i portelloni, vedemmo quell’uomo stanco e ormai claudicante emanare una forza indescrivibile. Castro quasi si inginocchiò tanto era emozionato. La rivoluzione pacifica, le sue parole d’amore e di fraternità scuotevano i presenti proprio lì, a L’Avana: Possa Cuba aprirsi al mondo e possa il mondo aprirsi a Cuba. Le sento ancora pronunciare se ci penso”.

E poi ancora la Nazionale di calcio e i voli presidenziali con un aneddoto che sa quasi  di comico: “Eravamo in volo verso Sidney per accompagnare il presidente Scalfaro in visita di stato in Australia – sorride Daniela – e l’aereo era stato diviso per metà con lo staff del capo di stato e per metà civile. Io ero di servizio sulla parte off limits: ad un certo punto dei colleghi mi dicono che c’è un passeggero quasi agitato che chiede di me dall’altra parte, ma non si capisce bene quello che dice. Mi pare impossibile. Vado a sincerarmi della situazione e chi trovo? Un lontano cugino emigrato proprio in Oceania: era di ritorno dall’Europa e in tutti i voli chiedeva di me, non sapendo se mi avrebbe trovata. E’ stato un caso: mi è corso incontro parlando un dialetto ormai in disuso, l’italiano nemmeno lo sapeva. Tutto l’equipaggio mi guardava divertito: mi sono un po’ imbarazzata, ma al tempo stesso ho percepito quel sentimento che ho visto negli occhi di molti, negli anni, che volavano da un capo all’altro del mondo per riabbracciare parenti visti magari soltanto per foto”.

Non solo cose belle: un lavoro non esente da rischi anche in termini di salute quello degli assistenti di volo, esposti alle radiazioni in modo sensibilmente superiore alla media. “Mi è stato diagnosticato un melanoma, fortunatamente poi risolto, ma questo ha spinto la compagnia ad obbligarmi alla pensione un po’ prima del previsto. Nessuno mi avrebbe dato l’abilitazione al volo, quindi con un ultimo viaggio a New York ho concluso questo lungo percorso. Anche se negli ultimi tempi in meno di tre giorni si doveva andare e tornare da Tokyo, è comunque un lavoro che consiglio. Mi ha aperto la mente, senz’altro mi ha resa una persona più capace di avvicinarmi al prossimo ed accettare la diversità. E poi decine di aurore boreali e centinaia di città, catene montuose e tramonti sopra ciascuno degli oceani. Con Cogollo sempre nel cuore, sia chiaro: come disse mio padre quando iniziai ancora giovanissima, ricordati che poi alla fine anche le lepri tornano a vivere l’ultimo tempo là dove sono nate”.

Sotto l’ombra protettiva del Cengio, con un sguardo inevitabile all’insù verso quel cielo quasi dominato: coi ricordi che affiorano ancora vividi. E volano, loro sì, senza fine.