Capriolo femmina stanata e uccisa ai margini del bosco: era in attesa di partorire

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Una femmina di capriolo con un cucciolo di pochi mesi (immagine dal sito www.parcoalpimarittime.it)

Un esemplare di capriolo di sesso femminile, in attesa di partorire un piccolo che sarebbe nato nel giro di pochi giorni, è stato abbattuto illegalmente a nord di Valdagno, ai margini di un bosco. Uccisi sia la madre che il nascituro, in una stagione come la tarda primavera in cui la caccia è severamente vietata e punita: tra maggio e giugno, infatti, solitamente vengono alla luce i cuccioli. A tutti gli effetti, ora, lo sparatore è considerato un bracconiere e risulta indagato per più reati, con i carabinieri forestali della stazione locale – la sede è a Recoaro – a indagare sulla vicenda di cronaca.

A sparare sarebbe stato un 47enne vicentino e residente a Valdagno – G.G. le sue iniziali -, al quale è stata sequestrata l’arma che deteneva senza averne titolo. L’uomo infatti non era più in possesso della licenza obbligatoria da circa dieci anni. Dovrà affrontare la trafila giudiziaria per rispondere dell’illecito, oltre a risarcire lo Stato per il danno provocato con l’uccisione del capriolo e pagare una sfilza di sanzioni previste dalle normative.

L’episodio di bracconaggio risale a pochi giorni fa in una zona collinare, in una frazione valdagnese. Il cacciatore improvvisato – e fuori legge – l’avrebbe probabilmente fatta franca se gli spari, uditi distintamente da abitazioni della zona, non fossero stati sentiti da qualcuno che vive poco lontano. Questa persona, attirata dal baccano delle fucilate, una volta affacciatasi avrebbe assistito alla presa della carcassa dell’animale prelevato dalla vegetazione e trasportato a spalle. Preziosa quindi è stata la segnalazione giunta ai carabinieri e alla polizia provinciale, che sono così potuti intervenire e inchiodare alle proprie responsabilità colui che aveva premuto il grilletto.

La malcapitata bestia selvatica è stata colpita a morte, proprio mentre si trovava in attesa di partorire. Le future mamme capriolo di norma portano nel grembo uno o due piccoli in questa stagione in cui la caccia è interdetta per favorire la riproduzione e la ripopolazione dei boschi. Di fronte ai militari intervenuti una scena orribile: la carcassa dell’animale già scuoiato, una prova inconfutabile dell’atto già di per sè di crudeltà compiuto poco prima in totale sfregio alle norme in tema di fauna e cacciagione.

Il 47enne avrebbe agito in solitaria, mirando e sparando dalla residenza di uno dei fratelli, dopo aver imbracciato un fucile a canne sovrapposte di proprietà di un secondo congiunto, a insaputa di quest’ultimo secondo le testimonianze successivamente raccolte. Il porto d’armi in suo possesso era scaduto nel 2010, fatto questo che costituisce un’ulteriore aggravante.

Oltre al corpo dell’animale dei boschi, sono state sequestrate altre 7 armi dello stesso tipo ai vari familiari, tra cui il fucile da cui era partito il colpo, custodito in maniera non corretta in un armadio e facilmente accessibile a chiunque. Il tutto come da disposizioni del Testo Unico in materia di pubblica sicurezza. Dalle tasche dell’indagato, che in questi casi rimane in regime di libertà, oltre alla prospettiva di una condanna penale rischiano di uscire parecchie migliaia di euro una volta che la Procura passerà il fascicolo ai giudici del Tribunale di Vicenza.

Le denunce a suo carico: furto aggravato (reato penale, art. 642), con reclusione da 1 a 6 anni, uccisione di animale con crudeltà e senza necessità (da 4 mesi a 2 anni), porto abusivo d’arma (fino a 18 mesi) e sparo da abitazione, altra condotta vietata che prevede ammende e possibile arresto. A alcuni dei capi d’accusa corrispondono sanzioni, da valutare in base alle decisioni assunte dai magistrati.

I fucili da caccia sequestrati