Caccia di frodo ai cinghiali: capo abbattuto da due giovani bracconieri, ora denunciati

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foto da cacciamagazine.it

Per quanto la proliferazione dei cinghiali selvatici rappresenti notoriamente una minaccia per l’ecosistema locale, nessuno può arrogarsi il diritto di sparare e ucciderli in regime di “far west”. Lo stanno provando sulla loro pelle due 30enni recoaresi, amici tra loro e che da tempo condividono la passione per la caccia, che lo scorso 12 febbraio hanno abbattuto un esemplare tra le contrade di Recoaro Terme. Di notte, contravvenendo a una sfilza di regole venatorie, di leggi dello Stato in materia di armi e per giunta probabilmente delle misure anticontagio, ma soprattutto “macchiandosi” dell’etichetta di bracconieri.

A individuare i responsabili dell’uccisione dell’animale di bosco avvenuta in contrà Castagna circa tre settimane fa, tra le contrade di montagna, sono stati gli operatori della Polizia Provinciale in forza al distaccamento di Montecchio Maggiore. Grazie anche a una preziosa segnalazione da parte di un cittadino e dopo un sopralluogo nella zona, dove la coppia di cacciatori di frodo aveva lasciato parecchie tracce.

I due recoaresi avrebbero sparato appostati su un auto, dopo essersi attrezzati con un faro puntato in un’area di castagni frequentata dai mammiferi, e ovviamente con dei fucili. Dopo averlo avvistato, quella notte tra l’11 e il 12 febbraio, lo hanno freddato esplodendo dei colpi di fucile e trascinato dal bosco all’auto. Con l’obiettivo duplice, probabilmente, di far sparire dalla circolazione un esemplare “scomodo” e approvvigionarsi di carne di cinghiale per qualche banchetto futuro, visto che la carcassa dell’animale – poi sequestrata dalla polizia civile – è stata consegnata già sezionata.

Già il giorno dopo gli operatori provinciali sono stati solerti nel riconoscere le tracce lasciate sul posto, pur non conoscendo ancora l’esatta natura del capo abbattuto, tanto che in un primo momento si ipotizzava potesse trattarsi di un cervo. Tracce di trascinamento di un animale di stazza, di sangue, e anche di pneumatici verso un’abitazione della zona con tanto di danni causati dall’urto recente su un ostacolo da parte di un’automobile. La stessa, si verificherà poi, rinvenuta nel cortile di un’abitazione della zona. Messi spalle al muro, i giovani avrebbero poi ammesso la propria responsabilità: uno avrebbe sparato, l’altro solo collaborato al recupero del corpo crivellato di colpi ma su questo aspetto toccherà ai giudici di Vicenza determinare i rispettivi ruoli, salvo non si arrivi a un concordato preventivo sulla base di sanzioni pecuniarie. Sarà materia, assai dispendiosa, per avvocati. Inoltre le armi da caccia utilizzate nel raid illecito sono state sequestrate.

Un’immagine do località Castagna sui monti tra Recoaro e Valdagno (dal sito www.mapio.net)

I due bracconieri che hanno trasgredito a più regole, che condividono anche le iniziali (F.P. per entrambi), rischiano la sospensione della licenza di caccia per 3 anni oppure la revoca definitiva da parte della Questura di Vicenza. Sul piano economico, alle prime sanzioni amministrative già comminate dalla polizia provinciale per 200 euro ciascuno, per aver sparato in prossimità di una strada pubblica, ne seguiranno altre. Un salasso che potrà sforare i 5 mila euro, per aver cacciato in un periodo in cui la pratica venatoria non è consentita e uccidendo un esemplare di una specie protetta.

Questo tipo di mammiferi tanto vituperati per la loro voracità, infatti, sono cacciabili solo in aree assegnate, in tempi predeterminati e da cacciatori qualificati, con armi apposite (fucili di precisione o carabina), per il prelievo annuale concesso dalle autorità competenti. I due amici “autodidatti”, insomma, non avevano alcun titolo che li autorizzasse lo scorso febbraio a imbracciare un’arma contro il malcapitato cinghiale. A caccia anche lui, ma solo di cibo, in quella notte in cui è stato abbattuto per venire poi squartato a distanza di poche ore.