La crisi climatica cambia l’agricoltura: crollo delle semine di orzo e grano


In Veneto scendono, e di molto, le superfici coltivate a frumento tenero e grano duro a causa della crisi climatica e degli importanti investimenti che tali colture comportano. Le attuali intenzioni di semina, da parte del mondo agricolo, per quel che riguarda i cereali autunno-vernini mostrano infatti un quadro profondamente diverso da quello “tradizionale”.
Stando ad un report di Cia Veneto, su dati forniti da Veneto Agricoltura, già nel 2024 è stata registrata una diminuzione degli appezzamenti coltivati a frumento tenero (94.670 ettari, -20% rispetto al 2023), grano duro (16.650 ettari, -21,8%) e orzo (16.010 ettari, -38,8%). A questo si è aggiunto l’impatto negativo dell’andamento climatico, che ha ridotto le rese sia del grano duro (-7%), che dell’orzo (-20,4% dell’orzo). Frumento e orzo, peraltro, sono adatte per una rotazione colturale con la barbabietola da zucchero. Tuttavia, pure quest’ultima risulta in calo in termini di superficie, con 8.000 ettari vocati a livello regionale (punte fino ad un -20% rispetto al 2024).
Le aziende zootecniche, poi, si sono orientate verso il mais e le foraggere per via di minori costi; i cereali vernini, invece, vengono mantenuti per una mera questione di rotazione. Un quadro complicato, dunque. “Per l’anno in corso non vi sono ancora dei valori precisi e puntuali – osserva Cia Veneto – In ogni caso, dai primissimi riscontri il trend rimane complessivamente negativo”.
Di sicuro le coltivazioni di grano tenero e duro saranno destinate a diminuire ulteriormente. Al posto del solo frumento tenero, verrà sperimentata la combinazione frumento tenero e orzo (o colza) “al fine di soddisfare la diversificazione senza rischiare prezzi bassi”. A differenza del 2024, quest’anno le superfici seminate ad orzo saranno leggermente in aumento (ma peggio dei numeri di un anno fa era oggettivamente difficile fare) come coltura tampone tecnica ed economica. Per quanto riguarda gli altri cereali autunno-vernini, ovvero l’avena, la segale e il farro, in Veneto non risultano appezzamenti dedicati particolarmente degni di nota.
“Il dato generale – sottolinea il presidente di Cia Veneto, Gianmichele Passarini – è che la filiera dei cereali è in forte difficoltà. In primo luogo a motivo dei cambiamenti climatici”. Aumentano le temperature e i fenomeni avversi (nello specifico, i nubifragi intensi e le grandinate). “Il caldo torrido e le abbondanti precipitazioni determinano degli effetti nefasti durante le fasi cruciali di sviluppo delle colture. Inoltre, sta diventando economicamente insostenibile puntare sul grano, coi relativi prezzi costantemente sull’altalena”. Questo scenario, prosegue, “obbliga gli imprenditori a navigare a vista. Così, però, non vi è più una programmazione agricola solida e seria. Alle istituzioni chiediamo di rimettere al centro il settore con scelte che vadano nella direzione di una rinnovata valorizzazione del primario”. Motivo per cui, conclude, “continueremo a battagliare nelle sedi opportune affinché l’Ue non tagli i fondi della nuova Pac”.
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