Referendum sull’autonomia del Veneto. Come, dove e perché

Ascolta l'audio
...caricamento in corso...

Il referendum sull’autonomia del Veneto si terrà domenica 22 ottobre 2017. Da mesi ne sentiamo parlare in ogni salsa, ma quanto ne sappiamo veramente? A cosa servirà questa consultazione popolare?

L’Eco Vicentino vi propone una “guida al referendum”, per renderne più chiaro il senso, modalità ed obiettivi.

Il senso
Partiamo dal senso di questa consultazione. Si tratta di un referendum consultivo, che perciò non produrrà nessun effetto giuridico immediato. Il quesito sarà “Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”, con possibilità di risposta “Si” o “No”.
L’obiettivo politico del presidente regionale Luca Zaia e della Lega Nord, promotori del referendum, è quello di ottenere un plebiscito di “si”, per poter avere in mano un indicatore forte della volontà popolare veneta sul tema per andare a negoziare un maggior grado di autonomia a Roma. Se infatti voteranno almeno il 50% degli aventi diritto e la maggioranza di questi voterà “si” (requisiti necessari per la validità del referendum) il Consiglio Regionale dovrà, come previsto dallo Statuto regionale, esaminare l’argomento referendario entro novanta giorni dalla proclamazione dei risultati. In tale evenienza, se prevarranno i voti favorevoli, il presidente della Giunta presenterà all’assemblea legislativa un programma di negoziati da condurre con l’esecutivo statale, unitamente a un disegno di legge che recepisca il percorso e i contenuti per il conseguimento dell’autonomia differenziata.

Le motivazioni
Il percorso per l’indizione del referendum è iniziato diversi anni fa. La giunta Zaia ha sempre perseguito l’obiettivo di un Veneto sempre più autonomo dal punto di vista della gestione delle imposte. Coerentemente a quanto previsto dalla Costituzione dello Stato italiano, che sulla carta incoraggia la struttura federalista, la Giunta Regionale vorrebbe gestire interamente (o quasi) le tasse venete. Uno degli argomenti forti della campagna “pro si” è quello relativo al residuo fiscale, cioè la differenza tra le imposte raccolte sul territorio veneto e le risorse reinvestite dallo Stato e dagli enti locali sullo stesso territorio. In Veneto questo residuo è storicamente positivo (più di 15 miliardi nel 2015), cioè i veneti, per dirla semplicemente, “pagano più di quanto ricevono”.
Se il referendum avrà esito positivo (quorum e maggioranza di “Si”) la Giunta inizierà quindi il programma di negoziato con Roma. L’articolo 116 della Costituzione infatti prevede che le Regioni a statuto ordinario possano richiedere – su propria iniziativa e con successiva legge statale approvata a maggioranza assoluta da entrambe le Camere – ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia nell’ambito dell’organizzazione della giustizia di pace, delle norme generali sull’istruzione e della tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, nonché delle materie di competenza concorrente. Che è proprio l’obiettivo del gruppo guidato da Zaia: un’autonomia fiscale vicina al 90%.

L’iter
Il referendum regionale del 22 ottobre è stato istituito con la Legge Regionale numero 15 del 2014. Il quesito proposto allora era più ampio dell’attuale, riguardando materie (trattenimento da parte della Regione di almeno l’80% delle tasse riscosse in Veneto, trasformazione del Veneto in regione a statuto speciale e altre richieste minori) che sono state ritenute inammissibili dalla Corte Costituzionale. Nel 2015 infatti l’organo di garanzia costituzionale ha bocciato quattro dei cinque punti previsti dal quesito, ritenendoli incostituzionali. Non è stato toccato l’attuale quesito, ritenuto ammissibile per un referendum regionale consultivo.
Dopo alcuni anni di perfezionamento dell’iter, il Governatore ha annunciato la data del referendum il 24 aprile scorso. Consultazione convocata in una data simbolica, il 22 ottobre, in cui ricorrerà il 151° anniversario dell’annessione veneta all’Italia, avvenuta nel 1861, e giorno in cui anche la Lombardia voterà un referendum analogo (ma con un quesito più dettagliato) a quello veneto e con gli stessi identici obiettivi.

Le critiche
Nonostante praticamente tutti gli schieramenti politici veneti abbiano dato il loro supporto al “Si”, sono diverse le critiche mosse al referendum consultivo del 22 ottobre. Le argomentazioni dei contrari, raccolti nei comitati per l’astensione, si basano sul fatto che il referendum non fosse necessario per richiedere maggiore autonomia fiscale per il Veneto, sul modello delle Regioni a statuto speciale. L’Emilia Romagna infatti, che sta facendo un percorso analogo al Veneto, non ha indetto alcun referendum consultivo, preferendo seguire un altro tipo di strategia, basata sulla trattativa con il Governo centrale.
Secondo questi comitati il referendum sarà un inutile spesa (14 milioni il costo complessivo della consultazione), che non cambierà di molto la posizione veneta al tavolo delle trattative con Roma.
L’opposto di quanto sostiene ovviamente il governo regionale, che nell’eventualità di un plebiscito per il “Si” otterrà una vittoria politica da spendere nella trattativa con il governo romano.

Il voto
Per votare regolarmente basterà presentarsi nelle urne predisposte dai Comuni, nel seggio indicato nella propria tessera elettorale. Sarà sufficiente essere muniti di un documento di riconoscimento valido, dato che non serve la tessere elettorale. I seggi saranno aperti dalle 7 alle 23.