“Schiaffo” alla prevenzione sulla mappatura dei nei. Ma la Regione nega: “non cambia nulla”


Visite dermatologiche garantite dal servizio sanitario pubblico sì, anzi no. O meglio dire forse. La querelle di Ferragosto e dintorni nell’ambito della salute del cittadino in Veneto ha parecchi “nei”, e non solo sul piano simbolico. In un rimbalzo di notizie diffuse e subito poi ritrattate, regna la confusione sul futuro prossimo delle visite di controllo e mappatura dei nevi, termine tecnico e medico con cui si indicano i nei cutanei.
Il tema è cruciale, quello della prevenzione dei melanomi, forme di neoplasia tumorale delle cellule delle pelle umana. L’individuazione precoce dell’insorgere abbatte il rischio di malattia – e di morte – conseguente dalla proliferazione della malattia maligna e i controlli periodici nella popolazione risultano logicamente di fondamentale importanza. In questa cornice capita che, in piena estate, la Regione Veneto e Azienda Zero si trovino a recepire un cambiamento a livello di sistema sanitario nazionale pur dovendo garantire all’utente il medesimo servizio. Cercando di fare chiarezza, magari, ad oggi non ancora pervenuta.
Ripercorrendo le tappe salienti che portano alle discussioni più d’attualità, a smuovere la polvere sulla questione è stato un comunicato diffuso dal sindacato dei medici di medicina generale prima di Ferragosto, dove si denunciano le nuove indicazioni delle Ulss per quanto riguarda le impegnative per lo screening di prevenzione o mappatura dei nei. Da parte della Fimmg veneta, poi, si cita la richiesta esplicita di “prestare maggior attenzione nel valutare l’appropriatezza delle prescrizioni”. Più di qualcuno l’ha interpretata come un velato invito a non fare prevenzione, limitando all’osso l’invio dei pazienti agli specialisti ospedalieri in dermatologia nei soli casi sospetti di comparsa di melanomi, al fine di risparmiare in cassa e in termini di liste d’attesa.
Da parte della Regione Veneto, la risposta è stata calda come la stagione. Affermando che a fronte delle nuove linee guida nazionali – per l’anno 2025, e a sorprendere sono le direttive impartite in agosto – si è mutata la forma ma non la sostanza, riassumendo in due righe. La parole contenute nel comunicato redatto dall’Area Sanita – alle dipendenze all’assessore (vicentina) alla Sanità veneta Manuela Lanzarin – sono le seguenti: “Nessuna riduzione dell’offerta di cure in Veneto – si legge nel testo inviato alla stampa domenica -, la visita dermatologica rimane garantita a tutti i cittadini”. Poi il rimpallo alla decisioni prese in ambito nazionale, spiegando nella pratica a cosa andrà incontro l’utente: “con l’entrata in vigore del nuovo nomenclatore tariffario dei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), dal gennaio 2025 la cosiddetta mappatura sistematica dei nei non è prevista come prestazione a carico del Servizio sanitario nazionale. Non si tratta di una scelta regionale, bensì di un aggiornamento stabilito a livello nazionale”.
Seguono le dichiarazioni inerenti alla garanzia della Regione Veneto a mantenere l’impegno sulla diagnosi precoce, attraverso il sistema territoriale dei medici di famiglia. Riportando un rimando alla comunità scientifica internazionale in cui si affermerebbe che “lo screening sistematico di tutti i nei nella popolazione generale non ha dimostrato efficacia nella riduzione dei melanomi invasivi o della mortalità per melanoma”. Per poi concludere, bacchettando i contestatori. “La salute dei cittadini non deve essere oggetto di polemiche o strumentalizzazioni: è fondamentale fornire messaggi chiari, corretti e basati sulle evidenze, così da evitare informazioni fuorvianti e garantire il rapporto di fiducia con il sistema sanitario pubblico”.
Da più fronti le proteste e i dubbi di fronte a uno stallo su cui permane parecchia nebbia, in attesa delle prove dei fatti. Tra i contestatori c’è Carlo Cunegato (Veneto che Vogliamo – Reti Civiche) che, dopo aver citato una sua personale esperienza di un nevo potenzialmente maligno individuato e rimosso proprio grazie ad uno screening, scrive: “Prima invitano i medici a non prescrivere esami per lo screening. Poi dicono che lo screening non serve. Poi dicono che il Lea è stato tolto dal governo. Poi quando il governo dice che non è vero, allora affermano che non è cambiato niente, che è solo una questione di diciture”.
E ancora: “Nessuna formazione, nessun strumento, solo uno scaricamento continuo di responsabilità. Noi aggiungiamo che, per colpa di questa classe politica scellerata e la mancanza di programmazione, i medici di base del Veneto sono quelli in Italia con il più alto numero di pazienti. La Regione qui sta sminuendo l’importanza della mappatura sistematica dei nei, senza specificare come e chi dovrebbe farla e con che competenze. Con l’assurdo che dovrei essere io a stabilire se il mio neo è sospetto e poi al massimo confrontarmi con il mio medico di base.”. Sul tema si è espresso anche il Pd vicentino, con una dichiarazione congiunta e firmata da Chiara Luisetto, Luca Cislaghi e Davide Giacomin, e con l’idea di coinvolgere i sindaci veneti in una presa di posizione concreta. “La scelta della giunta regionale di togliere la mappatura dei nei dai livelli essenziali di assistenza è assolutamente inaccettabile e impone una decisa mobilitazione.”
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