Bufera di polemiche sulla fiction Rai “La sposa”. Ciambetti: “Ridicolizzata la storia dei vicentini”

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Serena Rossi in una scena de "La Sposa." Credits: Rai

Una lunga scia di polemiche sta investendo la nuova fiction Tv “La sposa” prodotta dalla Rai. La prima puntata è andata in onda il 16 gennaio e racconta la storia di una donna calabrese degli anni 60 che sposa un agricoltore vicentino in un matrimonio definito di procura, fenomeno diffuso in quel periodo in alcuni luoghi d’Italia. Sembra però non convincere il Presidente del Consiglio del Veneto, Roberto Ciambetti che non vede di buon occhio il racconto in un contesto, che lui stesso definisce distorto.

Se vogliamo parlare di matrimoni per procura e la loro dura e triste realtà credo che basterebbe rivedere ‘Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana’ di Luigi Zampa con un Alberto Sordi a dir poco strepitoso. Basta quel film per dimostrare la pochezza della serie ‘ La sposa’ di Rai Fiction. Pensare a un matrimonio per procura a fine anni Sessanta di una giovane calabrese con un ricco ma rozzo discendente di un agricoltore vicentino è, a dir poco, un azzardo se non una provocazione senza senso e lontanissima dalla realtà storica”.

Fiction in inglese vuol dire finzione oltre che narrativa –continua Roberto Ciambetti-, ‘La Sposa’ non regge neanche se pensiamo a cosa sul finire degli anni Sessanta stava accadendo nel Vicentino, quando gli operai di Schio, Arzignano e Valdagno vivevano la stagione delle battaglie operaie e tanti vicentini ancora emigravano verso la Germania, la Svizzera, il Venezuela, il Brasile e l’Australia”.

La serie Rai TV è un falso storico –conclude Ciambetti– che nuoce al racconto di una tragedia vissuta da molte italiane: paradossalmente i suoi cliché grotteschi e stereotipati mettono in ridicolo non solo i vicentini o i veneti, ma anche i calabresi e le donne calabresi e chi visse quella stagione. L’ambientazione e le caratterizzazioni scelte per la miniserie ‘La sposa’ sono dunque scorrette e non fanno giustizia della drammatica pagina dell’emigrazione, una pagina scritta anche dai Veneti e non certo con i toni scelti nella fiction televisiva della Rai. Siamo davanti a una sorta di ‘cancel culture’ alla rovescia, una provocazione assurda”.

La replica a Ciambetti non tarda ad arrivare, a rispondere è Simone Toffanin, padovano, che nella serie interpreta il barista Umberto. «Bisogna distinguere la storia dall’ambiente sottolinea e sono sicuro che se la vicenda fosse stata ambientata in un’altra regione, la cose non sarebbero andate diversamente. Più che dipingere male i veneti, La sposa stigmatizza una famiglia dove c’è ancora il padre-padrone. Non credo di scoprire niente di nuovo, se rilevo che nel Veneto degli anni Sessanta c’era un forte maschilismo, di cui era impregnata la cultura contadina che chiamava masce le femmine degli animali. Oggi ci viene naturale voler rimuovere certi aspetti, ma posso assicurare che l’intento del regista Giacomo Campiotti era quello di enfatizzare la forza dell’emancipazione femminile, non certo la grettezza del contesto. Senza spoilerare troppo, garantisco infatti che la storia andrà a finire bene. valorizzando l’importanza della figura femminile nella costruzione dell’armonia familiare e sociale».