Il Covid risale, medici di base pronti allo sciopero: “Dalla Regione nessuna programmazione”

Ascolta l'audio
...caricamento in corso...

Arrivano stremati, i medici di base, alla nuova esplosione di nuovi contagi da Covid in Veneto nelle ultime 24 ore, con 12.206 positivi contro i 1.998 di ieri (anche se va tenuto conto che era un lunedì e quindi post-festivo). Liliana Lora, medico valdagnese e segretario regionale del Sindacato Medici Italiani (Smi), nell’annunciare la disponibilità a riattivare lo stato di agitazione e scioperare ad oltranza affinché qualcuno ascolti le istanze dei medici, torna a rivolgersi ai vertici della sanità veneta per contestare la mancanza di programmazione, in particolare nelle cure territoriali, e sollecitare interventi. Questo, soprattutto, dopo che il 30 giugno il rinnovo delle Usca è arrivato il giorno tesso della scadenza mentre “malati erano già stati dimessi e mandati a casa”.

La segretaria regionale Smi accusa la Regione di essere “assente e all’anno zero in merito all’assistenza sanitaria territoriale per i cittadini veneti” e “il continuo stato di emergenza quando, oramai, è evidente che vi è bisogno di una visione generale della sanità in Veneto per poter fronteggiare l’aumento dei contagi da Covid 19 e  risolvere i problemi strutturali della sanità nella regione”.

Lora sottolinea l’importanza delle Usca, “che tanto sono state utili per curare i pazienti a casa. Le modalità d’ingaggio sono molto discutibili, a partire dalla retribuzione che consiste in  30 euro all’ora, a fronte dei 40 euro prima previsti”.

Un problema che va risolto, secondo Lora, è anche il sovraccarico di lavoro richiesto ai medici di medicina generale, “già oberati di incarichi più o meno di loro competenza a cui è chiesto di aggiungere numero pazienti, disponibilità ad effettuare tamponi, disponibilità ad effettuare vaccini, far parte delle Usca in modo improprio. A questa  situazione, già a tinte fosche, – continua Lora – si aggiunge un’interpretazione del tutto arbitraria della parte pubblica del nuovo Accordo Collettivo Nazionale, che risente anche del fatto che non sia stata avviata nemmeno la discussione dell’Accordo Integrativo Regionale  per il quale avevamo  chiesto il 20 giugno scorso la convocazione di Comitato Regionale”.

Liliana Lora si è rivolta direttamente a Manuela Lanzarin, assessore regionale alla Sanità, a Mauro Bonin (Vicario del direttore generale Area Sanità e Sociale), a Claudio Pilerci (direttore della Programmazione Sanitaria) e al presidente del Veneto Luca Zaia.
“Lo Smi scrive per stigmatizzare la completa assenza di attività programmatoria riguardo all’assistenza sanitaria territoriale per i cittadini veneti, argomento del nostro stato di agitazione e delle due giornate di sciopero indette il 21 gennaio, quando abbiamo reclamato il mancato recepimento delle proposte avanzate dalle organizzazioni sindacali in merito all’organizzazione della medicina territoriale, sia per la fase pandemica, sia per il futuro dell’assistenza territoriale. Una gestione sempre di fase emergenziale, volta alle prestazioni dell’immediato che non tiene in alcun conto i continui segnali di allarme sollevati dai professionisti del settore in merito alle carenze di personale, ormai croniche ed esasperate dalla fase critica attuale. Abbiamo inoltre denunciato il mancato rinforzo degli organi dei dipartimenti di assistenza territoriale, e dei Sisp in particolare, già sottodimensionati in periodo pre-Covid”.

Ai vertici della sanità veneta Liliana Lora ha anche denunciato ancora una volta “il mancato riconoscimento dell’attività svolta dai medici di medicina generale e pediatri di libera scelta nella gestione dei pazienti Covid sul territorio e della moltiplicazione di inappropriati carichi di lavoro con conseguente rischio di contagio dei medici, non adeguatamente integrati nei servizi e protetti ed un atteggiamento costantemente impositivo, con un  controllo costante di natura inquisitoria, la mancata messa in sicurezza delle sedi di continuità assistenziale con soluzioni approssimative di accorpamenti ed accentramento delle sedi in ambienti satelliti agli ospedali, togliendo ai cittadini il Lea della prossimità e le capillarità del servizio”.

Dichiara lo Smi nella nota stampa: “Una programmazione è di emergenza quando si avvale per tempi brevi di procedure emergenziali ma, quando si deve far fronte ad una situazione che si cronicizza, vanno messe in campo adeguate misure di lunga portata. I medici, forza lavoro del sistema, sono parte pensante e chiedono di dare il loro apporto nel processo di ricostruzione e riorganizzazione del sistema salute. Non sono prestatori d’opera puntuale ma professionisti della presa in carico globale delle persone-pazienti, delle loro famiglie, inserite nel contesto sociale. Non possono accettare di essere espulsi da questo ruolo che li definisce al livello Europeo”.