Ragazza (finta) sordomuta offende a parole la cliente sospettosa al supermercato

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Il Tribunale di Vicenza

Non si è fatta né raggirare nè intimorire poi dalla reazione smodata altrui una cliente di un supermercato di Borgo Berga a Vicenza, una filiale dell’Interspar, sabato pomeriggio dello scorso week end. La donna vicentina ha smascherato una finta giovane sordomuta che infastidiva chi si trovava tra le corsie e le merci in vendita chiedendo loro denaro in contanti – e la firma su un modulo fai-da-te e senza alcuna valenza – a favore di una presunta associazione benefica.

Si trattava ad ogni buon conto di una giovane truffatrice, di età apparente di 25 anni su per giù, descritta come abile nel persuadere chi incontrava ad apporre una firma per una presunta campagna di sensibilizzazione e anche delle offerte.

Dietro al suo mutismo e al gesticolare, però, non si celava né una persona con problemi di comunicazione orale e all’udito né tantomeno una “talentuosa attrice”: una cliente abituale del negozio, tutt’altro che sprovveduta, si è rivolta in risposta alle insistenti richieste della ragazza chiedendo a sua volta se avesse ottenuto un permesso esplicito per portare avanti la richiesta di denaro all’interno dell’attività commerciale. E, inoltre, facendo presente di essere pronta a chiedere l’intervento della polizia di Stato al 117 per le verifiche del caso.

Al che, la finta sordomuta avrebbe miracolosamente riacquistato il dono della parola e, a lingua sciolta, dalla sua bocca sono partite irripetibili offese e ingiurie nei confronti della cliente che l’ha smascherata. Per darsi subito alla fuga, anticipando l’arrivo della Volante della Questura che è poi intervenuta a distanza di una manciata di minuti. Per raccogliere almeno la versione della donna “incorruttibile” e di altri testimoni tra clienti e personale presenti intorno alle 17 di sabato scorso, in data 27 gennaio.

La vicenda non si concluderà qui, visto che si è deciso di approfondire l’episodio, anche in ottica di previsione di altre azioni truffaldine – il canovaccio è noto da anni, anche se nella maggior parte dei casi in passato si fingeva di raccogliere fondi per il sostegno di giovani tossicodipendenti in comunità di recupero in realtà inesistenti – e, magari, di prendere dei provvedimenti nei confronti della truffatrice, come l’allontanamento da Vicenza o l’avviso orale. Utili saranno i filmati di sorveglianza interna a questo scopo. Il reato di tentata truffa è passibile di denuncia e punito con sanzione e condanna penale e tra, l’altro, l’episodio di due giorni fa si è verificato a poche decine di metri dal Tribunale di Vicenza.