Muore a 33 anni a sette ore dalle dimissioni dall’ospedale: l’Ulss 8 ritarda il risarcimento da 650 mila euro

Ascolta l'audio
...caricamento in corso...
Il 36enne è morto al suo ingresso in pronto soccorso, nonostante la rianimazione prolungata

Nonostante la sentenza del Tribunale di Vicenza in merito alla morte di un giovane padre di Isola, di 33 anni, avvenuta nel 2014 al San Bortolo, l’Ulss 8 Berica risulta a tutt’oggi inadempiente rispetto al pagamento dovuto di 650 mila euro. Lo denuncia pubblicamente la famiglia di Diego Gonzo attraverso lo studio legale a cui ha affidato la difesa dei propri diritti, riportando alla luce la drammatica vicenda che risale al 25 maggio di quasi otto anni fa: la mattina di una domenica il 33enne – musicista che viveva nella frazione di Castelnovo con moglie e una bimba di due anni – si era recato al pronto soccorso del polo medico della città lamentando dolori al torace e uno stato generale di malessere, venendo dimesso con una diagnosi di “sindrome ansiosa”.

Ritornato a casa per qualche ora, le sue condizioni peggiorarono costringendolo a recarsi di  di nuovo in ospedale la stessa sera e, dopo il ricovero, qui l’uomo morì a distanza di 40 minuti dal suo arrivo secondo i referti citati dall’avvocato Paolo Salandin. Dal settembre scorso la sentenza del Tribunale è passata in giudicato, dopo oltre sette anni di attesa e i tentativi di conciliazione bonaria falliti. Prolungata ancora dal mancato pagamento, almeno fino ad oggi, da parte dell’ente.

“Una ‘dimenticanza’ – sottolinea l’avvocato Salandin per conto della famiglia – che proprio non si spiega. I fatti sono stati ricostruiti in maniera incontrovertibile in tribunale, l’Aulss 8 non ha promosso ricorso in appello e on resta quindi che pagare ma il saldo non arriva. Il tutto sulle spalle di una famiglia, in particolare della moglie della vittima che ancora oggi non riesce ad accettare la scomparsa di un marito che, all’epoca dei fatti, aveva solo 33 anni, padre di una bimba di appena due anni”.

Ad Isola Vicentina questo tragico evento è noto a molti e impossibile da dimenticare, e non sono soli i congiunti dello sfortunato papà a non darsi pace per un caso di malasanità poi confermato sul piano giudiziario. Non esiste certezza assoluta, chiaramente, che una condotta più accurata da parte dei medici in servizio quella domenica avrebbe salvato la vita del giovane vicentino, ma è certo che quel caso “anomalo” non fu trattato a regola d’arte, esponendo il paziente ad ulteriori rischi. La perizia del Ctu ha stimato nel 50% la riduzione di possibilità di sopravvivenza legata alla condotta omissiva da parte di chi prese in carico il paziente. “Questi i fatti – così descrive quei tragici momenti il legale – portati davanti al giudice: il 33enne si reca al San Bortolo la mattina del 25 maggio del 2014, verso le 11, lamentando dolori, battito accelerato, sensazione di irrigidimento al collo e alle braccia. Dopo un elettrocardiogramma, giudicato anomalo e mai seguito da visita cardiologica, il paziente viene dimesso alle (ore 13.01. Diagnosi? Sindrome ansiosa”.

La sera stessa il 33enne si ripresentò all’accesso del pronto soccorso berico, trascinandosi verso l’accettazione poco dopo le 20, sempre secondo la ricostruzione della parte offesa. Seguiranno le fasi concitate di soccorso e la dichiarazione di decesso alle 20.52 per problematiche cardiache. “Nello specifico i periti incaricati dal Tribunale, nella Ctu hanno evidenziato una perdita di chance di sopravvivenza del paziente, a causa delle condotte dei sanitari, del 50%. La causa delle tragiche evidenze starebbe, secondo la ricostruzione, “a pratiche non adeguate né conformi ad una buona prassi medica, mancati approfondimenti diagnostici di sintomatologia tensionale toracica, mancata osservazione di linee-guida a fronte di un elettrocardiogramma risultato anormale che doveva immediatamente essere interpretato da parte di un medico qualificato, mancata doverosa esecuzione di ulteriori accertamenti a cadenza di 3 ore in ospedale”.

La conclusione, alla data odierna almeno, dopo i tentativi di conciliazione andati a vuoto e che hanno preceduto la conclusione del processo, è un esborso da parte dell’Ulss 8 Berica che tarda ad arrivare. “Confido – chiosa l’avv. Salandin – che il pagamento sia effettuato entro un brevissimo termine, così da evitare ulteriori oneri ed azioni giudiziarie alla sanità vicentina ed ulteriori dispendi inutili di tempo ai poveri congiunti della vittima”.