Risarcimenti Miteni, Faccio: “Usarli per la bonifica”. Mamme no-pfas: “Serve lo studio epidemiologico”

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A distanza di qualche giorno dalla storica sentenza del processo per l’inquinamento da Pfas perpetrato dallo stabilimento Miteni di Trissino (pene complessive per 141 anni di carcere e ingenti risarcimenti danni), fioccano le prese di posizione e le richieste  su come andrebbero utilizzati i risarcimenti previsti dal verdetto in primo grado nel processo in Corte d’Assise a Vicenza. Tra questi, 58 milioni di euro riconosciuti al Ministero dell’Ambiente.

Il sindaco di Trissino, Davide Faccio, dopo aver esultato definendo la sentenza “un atto di giustizia atteso da tempo e un segnale inequivocabile: chi inquina deve rispondere delle proprie azioni”, chiede che vengano usati per bonificare l’area, “un passo cruciale per il risanamento del territorio”. E a tal proposito, annuncia l’intenzione di scrivere alla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, al Ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, e alla Sottosegretaria Vania Gava, per sollecitare l’avvio immediato delle operazioni di bonifica, rese possibili dal recente via libera al documento di analisi del rischio. “Questa sentenza – aggiunge – è un monito per tutte le realtà industriali: la tutela dell’ambiente e della salute è una priorità non negoziabile. Continueremo a vigilare e a collaborare con le autorità per garantire che il sito Miteni venga bonificato al più presto e che si adottino misure per prevenire ulteriori danni. La sentenza di oggi farà scuola, rafforzando la giurisprudenza sui reati ambientali e dimostrando che l’unione di cittadini e istituzioni può cambiare il corso della storia”.

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Mamme No Pfas:”Somme da usare per uno studio epidemiologico partecipato”
“Il 26 giugno 2025 il Tribunale di Vicenza ha pronunciato una sentenza che ripaga anni di impegno, di fatica, di notti insonni e di lotta collettiva. Una battaglia lunga e difficile – afferma un comunicato del coordinamento Mamme No Pfas di Verona Vicenza e Padova – che ci ha spesso fatto sentire come Davide contro Golia. Profonda è stata l’emozione nel sentire i nomi di chi, come noi, ha scelto di costituirsi parte civile. Associazioni, comitati, cittadini che hanno condiviso con noi riunioni, momenti di sconforto, assemblee, audizioni pubbliche, manifestazioni, e che non si sono mai arresi. Questa sentenza è anche il frutto della loro determinazione”.

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Il processo è stato un maxi procedimento, il più grande mai celebrato in Italia per un inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche e ha affrontato cinque capi d’accusa: avvelenamento doloso delle acque destinate al consumo umano; disastro innominato ambientale; inquinamento ambientale; gestione illecita di rifiuti speciali pericolosi (per il quale è stata dichiarata la prescrizione); e infine la bancarotta fraudolenta. “Per uno di questi reati – aggiungono gli attivisti e le attiviste – l’avvelenamento doloso delle acque destinate al consumo umano – la sentenza apre un nuovo capitolo sotto il profilo sia giuridico che scientifico: sarà ora necessario approfondire come interpretare, in chiave moderna, la responsabilità penale per chi inquina risorse fondamentali come l’acqua potabile. Questa pronuncia costituirà un precedente importantissimo per altre situazioni simili, in Italia e nel mondo”.

Quanto ai risarcimenti, le Mamme No Pfas ritengono che le ingenti somme riconosciute a favore delle istituzioni debbano ora tradursi in azioni concrete: “Chiediamo che vengano utilizzate per finanziare lo studio epidemiologico partecipato sui danni alla salute, per accelerare la bonifica e il ripristino ambientale, per completare finalmente la rete idrica alternativa nelle aree contaminate. Chiediamo anche giustizia economica per i cittadini: siamo fiduciosi, quindi, che parte dei fondi vengano utilizzati dai gestori delle acque per togliere dalle bollette voci di spesa che fino ad oggi sono ricadute ingiustamente sulle famiglie, nonostante i danni siano stati causati da aziende private”.

E per il movimento la battaglia non finisce qui: “Chiediamo allo Stato una legge nazionale che imponga limiti prossimi allo zero tecnico per i Pfas nelle acque potabili, come unica misura efficace per tutelare la salute delle persone. È tempo di avviare un cammino concreto e coraggioso di progressiva riduzione del loro uso in tutti i settori produttivi dove sia possibile. L’Italia deve fare la sua parte anche a livello europeo, impegnandosi per sostenere la messa al bando totale dei Pfas in tutta l’Unione Europea. Queste ‘sostanze eterne’ non possono più trovare spazio nel nostro presente e nemmeno nel nostro futuro. Noi Mamme No Pfascontinueremo a vigilare, a informare, a chiedere trasparenza e responsabilità.

 

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