L’approfondimento 1/3. Sanità e autonomia, la parola ai candidati presidenti

A pochi giorni dall’importante appuntamento elettorale, abbiamo approfondito le posizioni dei candidati presidenti in corsa per le Regionali 2025 in Veneto sottoponendo loro alcuni tra i quesiti più sentiti. In questo primo di tre approfondimenti, il tema della sanità e quello dell’autonomia.

Sanità territoriale e liste d’attesa. Negli ultimi anni il Veneto ha visto un aumento delle liste d’attesa e una crescente difficoltà nell’accesso alle cure, specie nelle aree montane e periferiche. Quali misure concrete proponete per rafforzare la medicina territoriale e ridurre i tempi di attesa, anche alla luce della carenza di personale sanitario?

FABIO BUI (Popolari per il Veneto). “Ridurre le liste d’attesa è una priorità assoluta: non basta mettere più risorse, serve riorganizzare il personale e garantire diagnostica per almeno 18 ore al giorno. I Pronto Soccorso vanno alleggeriti rafforzando la medicina territoriale, perché il 90% dei casi sono codici bianchi gestibili altrove. Voglio restituire ai sindaci un ruolo vero: oggi le Ulss sono troppo grandi e lontane. Con 36 distretti locali e le Case del Benessere, il cittadino deve trovare risposte, non solo prenotazioni. La sanità non è solo ospedali: è vicinanza, ascolto e servizi che funzionano davvero”.

GIOVANNI MANILDO (Centrosinistra).La priorità è ricostruire una sanità pubblica vicina alle persone. Proponiamo un piano straordinario di assunzioni per medici, infermieri e operatori, con borse di studio piene che rendano di nuovo attrattive le professioni sanitarie. Serve un bando urgente per riportare i medici di base nelle zone carenti e Case di Comunità realmente funzionanti, dotate di personale e servizi. Le liste d’attesa si riducono aumentando l’offerta: più visite, più esami, più specialisti. Dopo anni di tagli e rinvii, il Veneto deve tornare a investire davvero nel territorio, soprattutto nelle aree “deboli” che oggi pagano il prezzo più alto”.

MARCO RIZZO (Democrazia Sovrana Popolare). “Vogliamo rendere pubblica la sanità regionale, chiudendo le porte a chi specula sulla pelle dei cittadini. Vogliamo ampliare la platea delle cure e dei servizi, abbassando i costi e rifiutando ogni aziendalizzazione perché ormai oltre 300mila Veneti rinunciano a curarsi: non si può fare profitto su un diritto. Opereremo anche con deroghe a decreti nazionali che recepiscono l’austerità e i tagli voluti a Bruxelles, triplicheremo le attività sanitarie perché quando si obbliga la struttura pubblica ad essere più celere nell’evadere le richieste, si riduce lo spazio per l’attività privata. Ma per fare questo è necessario pagare di più i medici ed il personale sanitario. Ci sono centinaia di posti dei medici di base da assegnare. Inoltre, nel nostro programma è importante l’attenzione al sociale e alla fragilità troppo spesso ignorata. Noi vogliamo sostenere le famiglie in difficoltà e portare le pensioni di invalidità a 800 euro per chi ha tra il 74 e il 99% di invalidità e a 1.200 euro per il 100%”.

ALBERTO STEFANI (Centrodestra). Istituiremo un numero unico dedicato alle non urgenze, rafforzeremo la rete territoriale, sviluppando la telemedicina e potenziando l’assistenza domiciliare. Questo anche per ridurre gli accessi impropri ai pronto soccorso e le liste d’attesa. Poi via libera al Consiglio regionale delle professioni sanitarie, con ordini e volontari, che permetterà di mantenere aperto un canale di confronto fra competenza tecnica e politica, per condividere criticità e progetti. I protagonisti del nostro sistema saranno le persone e i loro bisogni. Affronteremo con coraggio le nuove sfide, a partire da quella dell’invecchiamento della popolazione, con quartieri inclusivi, strutture residenziali attrezzate e un’attenzione alle persone con disabilità e non autosufficienti”.

RICCARDO SZUMSKI (Resistere Veneto).Riformare Azienda Zero rimettendo al centro la qualità del servizio globale e le persone. Basta nomine politiche di dirigenti operativi, ma solo competenza e curricula. E’ necessario recuperare risorse con la revisione delle spese per destinarle alla sanità e sociale. Ottenere 500 milioni annui dallo stato a fronte del residuo fiscale di 15 miliardi. il Veneto, che ha un residuo fiscale molto elevato, deve utilizzarlo per trattenere medici e operatori sanitari, per essere presente sul territorio con la medicina di base che ne è l’ossatura portante.  Nelle aree montane , come nelle periferie decentrate è il medico presente sul territorio che salva le vite e aiuta le persone, non solo i grandi centri iper specialistici”.

Autonomia differenziata: opportunità o rischio? Il Veneto ha storicamente spinto per una maggiore autonomia. Come intendete gestire l’attuazione dell’autonomia differenziata, in particolare per garantire equità tra territori e salvaguardare i servizi pubblici essenziali ?

FABIO BUI (Popolari per il Veneto). “L’autonomia rischia di diventare un miraggio, indebolita non dalle opposizioni numericamente irrilevanti, ma dai contrasti interni alla stessa maggioranza. L’idea dei “protagonisti a casa nostra” avrebbe potuto funzionare, ma la versione dei “paroni a casa nostra” si è incagliata nel fuoco amico. L’autonomia non è uno slogan: è uno strumento in cui credo per dare al Veneto sviluppo coerente con le sue peculiarità. Per riuscire servono visione, serietà e un progetto condiviso, non corse improvvisate di chi sale all’ultimo sul treno avviato da altri. Senza una direzione comune, nessuna riforma potrà arrivare davvero a destinazione”.

GIOVANNI MANILDO (Centrosinistra). “Per noi l’autonomia è un’opportunità se è seria, negoziata bene e utile ai cittadini. Il problema è che in otto anni dal referendum, quindici di governo Zaia e tre di governo Meloni non è arrivato un solo risultato concreto. Basta propaganda! Serve un negoziato vero che garantisca equità e qualità dei servizi, a partire da sanità, scuola, trasporto pubblico. Nessuna autonomia che crei territori di serie A e serie B. Vogliamo più competenze gestionali e fiscali per migliorare i servizi, non per scaricare costi sui Comuni o sui cittadini. Autonomia sì, ma responsabile e credibile”.

MARCO RIZZO (Democrazia Sovrana Popolare). “L’autonomia va inserita nel contesto di uno Stato davvero sovrano. Senza sovranità non esiste autonomia, perché la carenza di sovranità nazionale incide anche nella possibilità dei Veneti di essere padroni a casa loro. Tra i nostri principali obiettivi c’è lo statuto speciale: i Veneti ne hanno diritto. Il Referendum del 2017 deve ancora trovare applicazione e i cittadini, sinora, sono stati presi in giro. Con noi non avverrà. Noi vogliamo e otterremo il riconoscimento istituzionale dell’esito referendario sull’Autonomia, l’abolizione della quota regionale di tassazione per le spese militari, la bandiera veneta da affiancare a quella italiana in sostituzione del vessillo Ue ormai capace di simboleggiare solo guerra e crisi economica”.

ALBERTO STEFANI (Centrodestra). “Ovviamente opportunità. L’autonomia è un percorso di crescita economica che avvicina le decisioni ai territori, rende più efficienti i servizi e responsabilizza chi amministra. Il Veneto ha dimostrato di gestire con serietà scuola, sanità, infrastrutture e sviluppo economico: chiedere più competenze serve a far funzionare meglio tutto. L’autonomia non toglie nulla a nessuno, ma permette di usare in modo più rapido e mirato le risorse, riducendo burocrazia e tempi decisionali, migliorando le performance e rendendole misurabili, a beneficio di famiglie e imprese. Sarà un passo avanti per tutto il Paese: territori più forti rendono tutti più forti”.

RICCARDO SZUMSKI (Resistere Veneto). “E’ basilare avere le risorse da poter  utilizzare per i cittadini Veneti. L’autonomia senza risorse è un contenitore vuoto.  Salvaguarderemo dei livelli base per tutti  per garantire equità, ma le risorse andranno destinate nell’interno della nostra regione,  che le ha costruite. Tutto il resto sono solo ciacole. Prima di essere attrattivi per l’esterno, dovremo tornare ad essere attrattivi per i veneti”.

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