Il Lungo Giorgio torna alla luce: è il mostro d’acciaio che devastò l’altopiano durante la Guerra

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Un incubo che divenne poi leggenda – almeno per gli amanti di reperti bellici – riaffiora dal passato. E’ successo grazie a due appassionati storici veneti, che hanno fatto così rivedere la luce al mostro d’acciaio in grado di piegare in poche ore le genti altopianesi. E’ il “Lungo Giorgio” – nome popolare del cannone navale Skoda da 35 cm L/45 – emblema della potenza distruttiva dell’artiglieria austro-ungarica durante al Prima Guerra Mondiale.

Progettato per la marina imperiale e costruito dalle officine Skoda, questo colosso da 98 tonnellate fu impiegato sul fronte terrestre, contribuendo in modo determinante alla devastazione dell’Altopiano dei Sette Comuni nella primavera del 1916, durante la cosiddetta Spedizione Punitiva. Le sue granate da 700 chili cadauna, capaci di colpire bersagli ad oltre trenta chilometri di distanza rispetto alla sua base trentina di Calceranica, seminarono distruzione e terrore, ferendo pesantemente anche centri fino ad allora ritenuti inaccessibili come Gallio e Asiago, dove aveva sede il comando della 34a divisione italiana. Un centro nevralgico della catena di comando dell’unità da indebolire ad ogni costo, per rendere meno efficace la risposta degli italiani agli attacchi dei reparti austro-ungarici contro le linee a difesa della Val d’Astico.

E a distanza di oltre un secolo, la bestia bellica è stata identificata nelle campagne tra Gorgo al Monticano e Magera, nel trevigiano. Il cannone, sepolto sotto metri di terra e fango, è stato infatti localizzato grazie all’instancabile lavoro di due ricercatori veneti, Danilo Pellegrini e Luciano Chiereghin. Analizzando documenti militari austriaci e immagini satellitari, sono riusciti a circoscrivere l’area in cui l’arma giaceva dimenticata. Il “Lungo Giorgio” ritrovato è appunto lo stesso che dopo le vicissitudini altopianesi, nel giugno 1918, fu impiegato anche nella Battaglia del Solstizio. Posizionato a Gorgo e trasportato via ferrovia, sparò i suoi colpi mortali, sotto l’occhio vigile del feldmaresciallo Svetozar Borojević, appostato sul campanile di Oderzo.

Il ritrovamento ha suscitato l’interesse dello Stato Maggiore dell’Esercito, che ha avviato una valutazione per il recupero e la valorizzazione del reperto, oggi considerato l’unico esemplare noto ancora esistente. Un pannello informativo, installato lungo la ciclabile del Monticano a cura del Rotary Club, racconta la storia del cannone e ne indica la probabile collocazione. Il “Lungo Giorgio” non fu solo un’arma di distruzione, ma anche uno strumento psicologico: la sua presenza sul fronte serviva a rafforzare il morale delle truppe imperiali, alimentando l’illusione di una vittoria rapida e schiacciante. Tuttavia, per le popolazioni civili dell’Altopiano, significò l’inizio dell’esodo e della tragedia del profugato. Il suo ritrovamento oggi non è solo un evento storico, ma un’occasione per riflettere sul peso della memoria e sul valore della pace.

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