Cgil contro Ulss 7: “Zero confronto e coinvolgimento dei lavoratori nelle scelte aziendali”

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Il Commissario dell'Ulss 7 Pedemontana, Bortolo Simoni

Manca il confronto fra la dirigenza dell’Ulss 7 Pedemontana e le organizzazioni sindacali. La denuncia viene dalla segreteria della categoria Funzione Pubblica della Cgil, che in una nota ricorda l’assenza di incontri periodici necessari non solo per ricevere informazioni sull’andamento dell’epidemia, dei contagi e delle assunzioni di personale, ritenute comunque “insufficienti”, ma anche come occasione per un contributo in osservazioni e proposte rispetto alla riorganizzazione messa in campo in questi mesi di epidemia da Covid-19, in particolare all’interno dell’ospedale di Santorso.

Fp-Cgil sottolinea infatti una sola convocazione, durante la prima ondata, nella quale peraltro la direzione dell’Ulss 7 ha fornito “molti numeri ma poche risposte organizzative”, senza alcuna possibilità di interlocuzione. A fronte di quotidiane segnalazioni ed esigenze inviate quotidianamente da lavoratori e lavoratrici.

Le giornaliere riunioni dell’unità di crisi, spiega Lara Donati della Fp-Cgil vicentina, “dovrebbero vedere la partecipazione non solo i vertici aziendali, ma anche dei diretti coordinatori del personale, in modo da favorire la fluidità della comunicazione interna”. Quello che accade, per i rappresentanti sindacali, è che “chi gestisce direttamente il personale sul campo viene interpellato a cose fatte e sempre in emergenza“.

Ancora, il sindacato ricorda di aver sollecitato l’Ulss ad intervenire sull’organizzazione dei percorsi “puliti” e “sporchi”, così come di aver chiesto l’attivazione di una squadra di collegamento tra le diverse strutture Covid all’interno dell’ospedale almeno nei turni diurni. “Per prevenire il diffondersi dei contagi tra i dipendenti, abbiamo chiesto che si torni a verificare le condizioni di salute del personale attraverso i più affidabili tamponi molecolari e non attraverso i tamponi rapidi. Abbiamo poi chiesto l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale che diano maggiori sicurezze al personale e messo in evidenza come gli organici necessari a far fronte alla complessità assistenziale di questi tempi (si pensi in particolare a terapie intensive e semi intensive) non sia adeguato; i percorsi di formazione, necessari a fornire strumenti ai professionisti chiamati a cambiare specialità per dare risposta all’evolversi dell’emergenza sanitaria, sono stati troppo limitati e ‘sul campo’. Abbiamo chiesto che i lavoratori non siano soggetti ad ordini di servizio per immediati spostamenti, ma che quantomeno si tenga conto di particolari situazioni personali di salute, familiari o psicologiche: pensiamo in particolare a tanti lavoratori che sono risultati positivi al Covid durante la prima ondata della pandemia, e che oggi si sono trovati ricatapultati all’interno di reparti Covid, senza un’eventuale valutazione in merito alle loro condizioni psico fisiche”.

Il comunicato si sofferma poi sulle condizioni ambientali in cui si opera nei punti raccolta dei tamponi, definite “estrema mente difficili” e le direttive “in continua evoluzione”, con disagi sia per i lavoratori che per l’utenza. Per quanto riguarda il Dipartimento di Prevenzione, chiamato a gestire le procedure di tracciamento dei casi di positività, “c’è stato un incremento di personale a nostro avviso insufficiente”. La Cgil insomma teme che il percorso di uscita dall’emergenza sia lungo “e che il personale rischi di non farcela, sottoposto a turni di lavoro eccessivi, a carichi che comportano fisiologici ritardi nella risposta ai cittadini, senza contare l’esigenza che alcune attività ordinarie vengano mantenute”, come le campagne vaccinali o le campagne di screening.

In difficoltà sarebbero anche i servizi territoriali: l’assistenza domiciliare integrata non è stata potenziata, “a fronte di un incremento della domanda di assistenza a causa della sospensione di alcune attività ambulatoriali e dei ricoveri non urgenti”. “Sottodimensionato da anni” anche il personale amministrativo, “necessario tra le altre cose per fornire risposte alle continue esigenze di riorganizzazione interna”. Poco anche lo smart working e ferie sospese “sistematicamente”, mentre ad infermieri e Oss vengono chieste “attività aggiuntive all’interno delle case di riposo“, cosa che vede la contrarietà dei rappresentanti dei lavoratori, che la ritengono “profondamente inefficace e distorsiva”, visto che “non tiene in conto i carichi di lavoro nelle Ulss e della disparità di trattamento economico che si verrebbe a creare all’interno delle Case di Riposo”.

Non possiamo tacere  – conclude il comunicato sindacale – il disagio che ci arriva quotidianamente dai lavoratori e dalle lavoratrici che rappresentiamo, che lavorano con senso del dovere e responsabilità, ma che chiedono maggiore coinvolgimento, programmazione, supporto, attenzione. Professionisti che garantiscono assistenza diretta a pazienti positivi al Covid e a pazienti ‘ordinari’, che garantiscono attività di degenza e servizi ambulatoriali, servizi di prevenzione, supporto ai servizi scolastici, servizi territoriali a utenti fragili. Non possiamo tacere che, a fronte di innumerevoli sollecitazioni, l’Ulss 7 Pedemontana non convoca i rappresentanti dei lavoratori per confrontarsi su quanto sta avvenendo, per trovare possibili soluzioni organizzative, per favorire percorsi di informazione trasparenti e assidui. Questo in un percorso condiviso con tutta la Rsu e le organizzazioni sindacali presenti in Ulss 7, pronti ad alzare ulteriormente i toni
qualora non arrivassero risposte”.