Medici “scendono in piazza” contro il rischio movida. Ai giovani dicono: “non è finita”

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Una delle immagini che nei giorni scorsi è diventata virale e ha contribuito a sollevare l'allerta (foto dal web)

Medici e infermieri nelle piazze e di fronte ai locali più frequentati dai giovani. Come monito per ricordare che l’emergenza sanitaria non si è conclusa e il rischio di un nuovo slancio epidemico è reale. E’ questa la proposta che l’Ulss 7 Pedemontana ha recepito e che, da progetto in via di definizione, si concretizzerà nella presenza del personale sanitario sul territorio per affrontare, anche a “muso duro”, il problema d’attualità della movida. Fingeranno in pratica da testimonial, autorevoli e competente, di quanto è accaduto in questi mesi e rischia di riproporsi in futuro in caso di comportamenti irresponsabili di massa.

Con il coordinamento del Prefetto di Vicenza Pietro Signoriello e la collaborazione dei sindaci dei comuni locali. Proprio a loro è riservato il compito di monitorare gli assembramenti e segnalare i luoghi più a rischio, spesso ritrovi di giovani. Quelli che sono stati definiti con insistenza come “angeli” od “eroi”, dunque, scenderanno in piazza per quella che viene definitiva una campagna di sensibilizzazione, non una levata di scudi contro una generazione di giovani. Chi è stato, è ancora oggi e si spera di non coniugare il verbo al futuro prossimo, sarà a disposizione anche per raccontare in prima persona nei reparti Covid. Con loro anche i volontari della Croce Rossa.

“Il Covid-19 è una malattia subdola e se posso usare un termine forte la definirei come bastarda – così esordisce la dottoressa Maria Licia Guadagnin, direttore di Medicina Generale nell’ospedale di Santorso-. E’ un male che taglia le gambe, toglie il fiato, ti costringe a respirare con il supporto di ossigeno via maschera o via casco. Ti priva dei contatti con i familiari e le persone care, del contatto con il mondo, in altre parole delle relazioni umane. Si tratta di una dura battaglia che abbiamo combattuto finora nelle corsie d’ospedale – conclude il medico in prima linea ormai da quasi tre mesi contro l’epidemia – e che ad oggi speriamo di poter concludere, ma che non è ancora chiusa”.

Non si tratta solo di un brutto sogno ma di una tragica realtà – le fa eco il dottor Renzo Apolloni, collega di Medicina che dirige il reparto al San Bassiano -. A Bassano del Grappa abbiamo gestito circa 50 malati contagiati, da fine febbraio a metà marzo, accogliendo persone in gravi difficoltà. Sono persone, appunto, non solo numeri. Ricordiamoci di chi si sta ancora lentamente riprendendo dopo aver affrontato un ricovero e la terapia intensiva, e di chi ha perso i genitori o i nonni, testimoni storici di vita, in questo periodo. Noi medici diciamo che ogni comportamento leggero e irresponsabile da parte di ciascuno può invertire la tendenza di calo dei contagi. Ci si ammala ancora, nessuno può abbassare la guardia”.

“Certi passaggi di queste testimonianze dei nostri medici – ha commentato infine Bortolo Simoni, commissario dell’Ulss 7 Pedemontana – personalmente mi fanno venire i brividi. Porteremo questi messaggi in strada e nelle piazze una volta che il progetto diventerà realizzabile. Già domani parteciperemo a un incontro in prefettura. Accanto a carabinieri, polizia e in generale operatori in divisa ci sarà anche il personale sanitario con il proprio camice. Speriamo aiuto a prevenire comportamenti sbagliati anche con la sola presenza, come impatto visivo“.

Anche la Regione Veneto, per bocca del governatore Luca Zaia, ieri si è schierata con risolutezza: “non siamo contro nè lo spritz nè l’happy hour, e ci mancherebbe solo questo – ha affermato dall’unità di crisi cella Protezione Civile -. Ma riceviamo miriadi di messaggi e di e-mail in questi giorni che ci chiedono di fare qualcosa, gran parte da parte di giovani. Facciamo lavoro di squadra: evitate gli assembramenti e usate la mascherina. E’ un sacrificio alla portata di tutti, è un fatto di civiltà e responsabilità”: