Arte e Dintorni – Pastori e Magi nelle chiese di Vicenza: le Natività nel Seicento di Maffei

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Particolare dell'Adorazione dei Magi di Francesco Maffeo, Duomo di Vicenza

Come sono raccontate la Natività e l’Epifania nelle opere d’arte presenti nelle chiese della città?

Siamo a Vicenza nel periodo tra il 1635 e il 1640. Da qualche anno è passata la pestilenza che aveva decimato un terzo della popolazione europea e la città celebrava la vita abbellendo gli altari delle proprie chiese. Francesco Maffei è uno dei protagonisti di questo rinnovamento. Vicentino, il pittore guarda con interesse ai grandi maestri del Cinquecento – Paolo Veronese e Jacopo Bassano e con alcuni soggiorni a Venezia aggiorna il proprio stile alla sensibilità cromatica e compositiva barocca, elaborando una pittura originale, brillante ed enfatica.

Particolare de l’adorazione dei Magi, di Paolo Veronese, realizzata fra il 1573 e il 1575

L’ambientazione dell’”Adorazione dei pastori” di Maffei per la chiesa di San Pietro a Vicenza ricrea quanto narrato nel Vangelo di Luca. È notte fonda quando ai pastori giunge l’annuncio della lieta novella. L’angelo li sveglia dal loro giusto riposo e indica loro il luogo della nascita del Salvatore. E quando i pastori giungono al cospetto del bambino, le tenebre si squarciano, le nubi si aprono a sorreggere due angeli musicanti mentre un turbine di putti svolazza cantando “Gloria in excelsis deo”.

Centro semantico dell’opera è il Bambino Gesù, adagiato nella misera mangiatoia. La Madonna lo accudisce con amorevoli sguardi e premurosi gesti. A destra Giuseppe osserva la scena, appoggiato al suo bastone. Se il centro dell’opera è un fulcro silente e denso di sentimento, tutt’intorno una folla variopinta di pastori e animali si accalca per prender posto. Quelli più vicini sono in piedi, intimoriti dagli angeli che fanno cortina a destra, e rispettosi dell’evento a cui stanno assistendo.

L’adorazione dei Pastori di Francesco Maffei, Chiesa di San Pietro (Vicenza)

Un’umanità povera, senza calzari, che indossa abiti logori e stracci annodati, è nobilitata dalla sontuosa pittura di Maffei, che esalta i bagliori dei bianchi, dei rosa, dei rossi e che satura i toni focati sullo sfondo, ricordando i modi di Jacopo Bassano. A sinistra la scenografia si articola con i resti di un colonnato classico, citazione della “Cena di San Gregorio Magno” del refettorio del Convento di Monte Berico, opera di Paolo Veronese, maestro che in città rimane uno dei grandi riferimenti stilistici anche nei secoli successivi. Secondo Marco Boschini, critico d’arte del Seicento, questa “Adorazione dei pastori” era “opera del più raro gusto del Maffei”.

La narrazione della Natività nelle chiese di Vicenza prosegue nel brano del Vangelo di Matteo che ci porta in Cattedrale, per i vicentini “il Duomo”. Nella terza cappella a destra, dedicata a San Giuseppe e alla Sacra Famiglia, è ospitata l’”Adorazione dei Magi”, che Maffei firma e data con un’iscrizione poco visibile tra le zampe del cane posto sul margine destro.

La scena è decentrata: sotto poche assi di legno di una catapecchia tra alte colonne classiche è collocata la Sacra famiglia. La Madonna, vestita come una dama di rosso e di blu intenso, offre il Bambino alla vista dei nuovi convenuti. È ancora notte quando, secondo le scritture, giunge il sontuoso corteo dall’Oriente: paggi e dignitari si scalano sullo sfondo a destra scolpiti di luce algida, cavalieri in armatura scura su cavalli indomiti a sinistra.

L’adorazione dei Magi, di Francesco Maffei. Cattedrale di Vicenza

I Magi in primo piano s’impongono all’attenzione con le loro vesti sfarzose. Maffei non si sottrae alla fascinazione di caratterizzare i saggi re dell’Oriente secondo la propria fantasia e basandosi sulle suggestioni descritte dalle fonti, come la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze e le tradizioni apocrife orientali. Dai nomi rintracciamo la loro provenienza: Melchiorre re della Persia, Baldassarre re dell’India e Gasparre re d’Arabia; i Magi vengono raffigurati di tre razze diverse, come i discendenti delle tre tribù di Noè e ricordano i tre continenti conosciuti in età moderna: l’Europa, l’Asia e l’Africa. Rappresentarli di tre età diverse sintetizza il concetto del “Tempo” che si inchina davanti a Cristo. I preziosi doni hanno un significato simbolico preciso: l’oro onora la natura regale di Cristo, l’incenso diviene simbolo del suo mistero sacerdotale e la mirra rende omaggio alla natura umana di Cristo, destinato a morire come gli uomini e ad essere inumato.

L’opera rivede – nel gruppo centrale, nella composizione decentrata, nei timbri dei colori – il capolavoro di Paolo Veronese, conservato nella chiesa di Santa Corona. Con mano sicura Maffei elabora una pittura sontuosa, ricca di un pittoricismo vibrante e di lumeggiature di tocchi preziosi. Nella pittura di Maffei si esalta il contrasto tra luce e ombra, e nel cromatismo e nella composizione si coglie tutto il fasto e l’enfasi barocca.

In questi due notturni che raccontano il Natale di Gesù le tenebre sono rischiarate dal miracolo, e davanti ai nostri occhi sfilano in corteo re e poveri, ricchi e popolani, tutti in cammino per andare ad omaggiare il Signore. Sullo sfondo, oltre le nubi, il chiarore dell’alba ci rassicura con la promessa che dopo la notte, giungerà il nuovo giorno.