CineMachine | C’era una volta a Hollywood

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REGIA: Quentin Tarantino ● CAST: Leonardo DiCaprio, Brad Pitt, Margot Robbie, Emile Hirsch, Margaret Qualley, Timothy Olyphant, Julia Butters, Austin Butler, Dakota Fanning, Bruce Dern, Mike Moh, Luke Perry, Damian Lewis, Al Pacino ● GENERE: azione, commedia, drammatico, crime ● DURATA: 161 minuti ● DATA DI USCITA: 19 settembre 2019 (Italia)

IN QUESTA CITTÀ, TUTTO PUÒ CAMBIARE  . COME QUELLO

C’era una volta a Hollywood del 2019 per la regia di Quentin Tarantino.

Storia: Rick Dalton (Leonardo DiCaprio), un attore televisivo con una carriera smorzata e la sua controfigura, Cliff Booth (Brad Pitt), si sforzano di raggiungere fama e successo nell’industria cinematografica durante gli ultimi anni della Golden Age di Hollywood nel 1969 a Los Angeles. Sullo sfondo la comunità hippie, la famiglia Manson e la dolce e bellissima Sharon Tate.

Ammetto di essere rimasto alquanto stordito dopo la visione di questo, speriamo, non ultimo film di Quentin Tarantino ed uscendo dalla sala ricordo di aver detto: “In linea di massima, quando esci confuso da una proiezione o è non c’hai capito niente o è un capolavoro.

Dopo qualche momento di riflessione non posso che affermare con tutto me stesso che qui ci troviamo davanti ad uno dei migliori film di Tarantino e forse ad uno dei migliori film che mi sia capitato di vedere recentemente. Tanti si sono lamentati di un film che perde, o meglio, smorza i toni del Tarantino più pulp e violento per cimentarsi invece in una storia che ci rivela il profondo amore che il regista ha per la Hollywood della Golden Age, prima dei macabri fatti accaduti la notte del 9 agosto 1969.

Di fatto dopo l’eccidio di Cielo Drive, dove persero la vita cinque persone, tra cui la moglie del regista Roman Polanski, Sharon Tate, incinta del loro primogenito, il mondo hollywoodiano subì uno scossone enorme. I film cominciarono ad essere molto più disincantati e crudi e forse questo è stato un bene dopotutto.

Ma ciò che mi ha particolarmente sorpreso di C’era una volta a Hollywood è l’immensa rete di collegamenti e citazioni che Tarantino fa, portandoci a riscoprire le serie televisive americane degli anni Cinquanta e il cinema di Hollywood, quando il cinema era di per se un incanto e una pura magia e tutto ciò si viveva nella sala. C’è una scena con Sharon Tate, interpretata splendidamente da Margot Robbie che riesce a far suo il personaggio pur avendo pochissime battute in copione, che guarda un film dove lei è interprete (il film in questione è  The Wrecking Crew con Dean Martin) e la scena in sé stessa si rivela magia dal suo preambolo fuori dal cinema alla visione della sala. Un’autentica esperienza di cinema nel cinema.

Oltre a questo l’omaggio di Tarantino allo spaghetti western, schifato dallo stesso Rick Dalton e considerato come cinema di serie Z, e al cinema di genere italiano con nomi illustri come il grandissimo Sergio Leone, da cui già il titolo è un chiarissimo riferimento, ma poi altri grandissimi come Sergio Corbucci, già citato in Django Unchained (2012) o Antonio Margheriti, anch’esso già citato in Bastardi senza gloria (2009).

Tarantino stupisce di nuovo con una messa in scena che si sofferma molto sui suoi personaggi, nei dialoghi e nelle situazioni in cui essi vengono ad incappare. C’è una scena con Brad Pitt nel ruolo della sua vita, lo stuntman Cliff Booth, in un luogo sperduto dove si è installata la famiglia Manson, ma che non vi sto a raccontare.

La colonna sonora bellissima che accompagna il più delle volte molte seguente inserendosi preponderantemente, attraverso anche l’utilizzo di oggetti di scena come una radio o un televisore.

Il film raggiunge il suo apice nell’ultima mezz’ora dove si rimane letteralmente abbagliati da un cambio di registro, dove il tono torna ad essere più tarantiniano, fino ad un finale aperto che lascia infinite possibilità di lettura. In quel finale ho visto il sogno, se non la speranza, di un Tarantino che vuole che quel ricordo di Hollywood non vada perduto, ma che rimanga ancora impresso nel cinema contemporaneo e con questo penso che il caro Quentin abbia realizzato uno dei suoi film più personali. E se domani, alla fine, si decidesse di concludere con questo titolo la sua carriera da regista, non si potrebbe dire nulla, in quanto ha dato vera prova di ciò che il cinema è stato per lui e di ciò che il cinema, il vero Cinema, è.

Un grande film, per me un capolavoro, assolutamente da vedere.