CineMachine | Dark Water

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REGIA: Hideo Nakata
CAST: Hitomi Kuroki, Rio Kanno, Mirei Oguchi, Asami Mizukawa
GENERE: horror, drammatico
DURATA: 101 minuti
DATA DI USCITA: 19 gennaio 2002 (Giappone)

Yoshimi (Hitomi Kuroki) è una donna divorziata. Il marito vorrebbe tenere la figlia, la piccola Ikuko. Figlia della quale, secondo la donna, non gliene ha mai importato nulla, se non nel momento della separazione. La donna per fuggire dalla presenza asfissiante del marito decide di trasferirsi insieme alla figlia in un nuovo appartamento. Sarà qui che misteriosi ed inquietanti fatti cominceranno gradualmente a materializzarsi. In prima istanza, un’infiltrazione d’acqua dal soffitto che sembrerebbe venire dall’appartamento sovrastante quello di Yoshimi. La donna viene a scoprire che al piano superiore abitava una bambina, scomparsa diversi anni prima. Il mistero si fa sempre più inquietante. Strani rumori, strani comportamenti della piccola Ikuko, strane presenze che girovagano per i corridoi. La paranoia sale, fino ad un finale tanto struggente e terribile, quanto drammatico e commovente.

Dark Water è un horror che vive quasi totalmente di atmosfera. La dominante cromatica bluastra che caratterizza la fotografia, assieme ai lenti carrelli in semi-soggettiva e alla riprese alle spalle dei personaggi, crea un angoscia sempre maggiore che esplode in una scena finale tanto emotiva, quanto terrificante. Il clima che si respira per tutta la pellicola è quello di una profonda malinconia e di una profonda difficoltà a vivere con i propri timori e le proprie paure.

È proprio la figura del bambino che viene portata in primo piano, oltre a quello dell’acqua. È incredibile come il regista sia riuscito a prendere due elementi così puri e “cristallini” per trasformarli in un qualcosa di così ottenebrato.

Alla fine si rivela l’adulto colui che ha più paura di tutti. Si sente abbandonato e spesso indifeso ed è proprio l’abbandono il tema portante di questo magnifico horror, soprattutto l’abbandono di minore che viene qui riportato come un qualcosa che crea dei veri e propri incubi sociali. Chiunque si può essere sentito abbandonato almeno una volta in vita sua e questo film ci immerge il capo fitto, quasi facendoci soffocare, in quella terribile sensazione.