CineMachine | Hardball

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REGIA: Brian Robbins ● CAST: Keanu Reeves, Diane Lane, Michael B. Jordan, D. B. Sweeney, John Hawkes, Bryan Hearne, Julian Griffith, DeWayne Warren, Kris D. Lofton, Mark Robert Ellis, Graham Beckel, Michael McGlone, Dawn Lewis, Mark Margolis, Greg Sandquist, Jacqueline Williams, Michael B. Chait, Stephen Cinabro, Tom Milanovich, Kwame Amoaku, Vince Green ● GENERE: drammatico, commedia ● DURATA: 106 minuti ● DATA DI USCITA: 8 marzo 2002 (Italia)

LA COSA PIU’ IMPORTANTE NELLA VITA È PARTECIPARE 

Hardball del 2001 per la regia di Brian Robbins.

Storia: Conor O’Neill è un giovane scapestrato, senza alcuno scopo nella vita, se non scommettere sugli eventi sportivi, il bagarinaggio e il bere. Indebitato e con gli strozzini alla gola, O’Neil accetta di allenare una piccola squadra della Little League di baseball come condizione per ottenere un prestito da un amico e saldare così i suoi debiti. Ciò che accadrà avrà però dell’incredibile.

Siamo nel 2001 e dopo Varsity Blues (1999) e Pronti alla rissa (2000), il primo una commedie sportiva, il secondo un road movie incentrato sulla passione di due ragazzi per il wrestling, Brian Robbins torna alla regia con un altro film sportivo, ma stavolta con sfumature decisamente più drammatiche. 

La storia è ambientata a Chicago, dove i bar notturni e le case popolari della periferia la fanno da padroni in una storia incentrata su un personaggio messo alle strette, per colpa della sua ossessione al gioco d’azzardo e all’alcool. Quando il nostro protagonista si trova decisamente con il fiato corto, in quanto continua ad indebitarsi, scommettendo soldi che in realtà non possiede, decide di andare a chiedere un prestito ad un suo amico che si rivela essere il classico colletto bianco, con i capelli ben impomatati e pettinati a dovere, chiuso nel suo ufficio ad accrescere i guadagni della sua azienda.

Questo amico decide giustamente di non prestare il denaro a O’Neil, consapevole che se li sarebbe giocati in qualche altra stupida scommessa, ma gli fa una proposta, appunto quella di allenare al posto suo una squadra di ragazzi per un paio di giorni alla settimana, guadagnandosi così un assegno settimanale di 200$. Nella disperazione O’Neil accetta. 

La storia in sé stessa non ha nulla di particolare o di innovativo. La regia si riserva semplicemente di raccontare i fatti, ma lo fa comunque senza appesantire la narrazione. Il film di fatto scivola via che è un piacere e alla fine la classica costruzione del personaggio che compie un percorso che lo porta ad un cambiamento radicale nella propria vita non risulta banale o noioso. Keanu Reeves da un buona interpretazione, assieme a tutto il gruppo di ragazzi che sono il cuore pulsante di questa storia. 

Vediamo il ghetto della periferia di Chicago, con queste case popolari fatiscenti dove la miseria e la violenza sono all’ordine del giorno. Queste gang di ragazzi che covano un rabbia e un odio indicibile, che girano per strada con il dito sul grilletto o con il coltello dalla parte del manico. 

Vediamo inoltre come le attività sportive siano in realtà un mezzo essenziale per togliere i ragazzi dalle strade e sottrarli a questo vortice di violenza. Di fatto, quando nella storia vediamo un ragazzo fatto uscire dalla squadra perché non ha l’età giusta per giocare, questo finisce quasi subito dentro una gang. Il tratto particolare di questo evento però è che l’espulsione di questo ragazzo è stata decisa in base all’obiezione di un allenatore, il quale si nota palesemente che è proprio un altro modello di colletto bianco.   

Sembra quasi che il regista punti il dito verso queste persone benestanti che sembra vogliano dare qualcosa alla società, ma in realtà se ne fregano altamente. Da un parte l’amico di O’Neil che ha certamente impedito a quest’ultimo di ricadere in un altro giro di scommesse clandestine, ma da una parte avrà pensato che è meglio pagare una persona, piuttosto che porsi lui il problema di allenare una squadra di ragazzi del ghetto. Ciò lo si deduce quando vediamo che tipo di rapporto ha costui con i ragazzi. Indifferente, insensibile e “non toccate la macchina”. Lo stesso si può dire dell’allenatore della squadra avversaria, il quale si pone come unico obiettivo quella di vincere, con tutti i mezzi possibili. Un insegnamento non da poco, contando che la maggior parte delle persone di successo, si fanno carico spesso di questo tipo di mentalità. 

L’unico che alla fine si salva è proprio O’Neil. Un disgraziato, alcolizzato giocatore d’azzardo, ma che alla fine si prende a cuore l’avvenire di questi ragazzi e ci mette veramente l’anima per farli crescere e coltivare quello che sentono. 

Alla fine il nostro protagonista troverà anche l’amore e la salvezza, fino ad un finale in sé tragico, ma che riesce comunque a non sembrare una schifezza totale. In questo film vince chi alla vita guarda non con gli occhi del beneficio, ma con gli occhi della speranza. 

Hardball (2001) di Brian Robbins si è rivelato essere un bel film, equilibrato e piacevole per passare una bella serata, facendosi anche un bel piantino. Per il resto rimane nella media, senza infamia e senza lode.