CineMachine | The Neon Demon

REGIA: Nicolas Winding Refn ● CAST: Elle Fanning, Karl Glusman, Jena Malone, Bella Heathcote, Keanu Reeves, Abbey Lee, Christina Hendricks, Desmond Harrington, Alessandro Nivola, Charles Baker, Jamie Clayton, Rebecca Dayan, Taylor Marie Hill, Stacey Danger, Vanessa Martinez, Cody Renee Cameron ● GENERE: horror, thriller ● DURATA: 117 minuti ● DATA DI USCITA: 8 giugno 2016 (Italia)

The Neon Demon del 2016 per la regia di Nicolas Winding Refn.

Storia: Jesse, conturbante e bellissima sedicenne, giunge dalla Georgia a Los Angeles in cerca di fortuna come modella. La ragazza ottiene un successo travolgente, piacendo a tutti ma suscitando anche un interesse morboso di alcune donne che frequentano il mondo artefatto della moda della città. Tra luci stroboscopiche e set onirici, presto la ragazza verrà risucchiata in un vortice di ossessione, pulsione e perversione da cui sarà difficile riemergere.

Passati oramai due anni dall’uscita nelle sale, The Neon Demon di Nicolas Winding Refn, il regista danese nato dalle disavventure in Pusher – L’inizio (1996) e venuto alla ribalta grazie a quel piccolo capolavoro che è Bronson (2008), è rimasto uno dei film più incompresi degli ultimi anni.

Mentre Batman v Superman: Dawn of Justice (2016) e Justice League (2017) hanno ottenuto rispettivamente su IMDb.com un voto di 6,6 e 6,7 stelle su 10, The Neon Demon ne ha ricevute 6,2. Ciò starebbe a indicare, sebbene una minima quanto inverosimile distanza, che Il film di Refn varrebbe di meno rispetto a due dei film supereroistici più brutti mai realizzati fino ad oggi.

Se si guarda bene questo film se ne può notare non solamente l’estrema bellezza artistica. I colori, le luci, le musiche elettroniche che si intrecciano meravigliosamente in un’estetica cinematografica sublime che Refn mette in scena sapientemente e coscienziosamente attraverso uno stile che nutre una profonda devozione verso maestri come Mario Bava, Lucio Fulci e Dario Argento. Il colore del sangue, della notte, delle luci, dei vestiti, della carne si sommano in un quadro fantastico che ha come centro della propria storia la bellezza.

Jesse (Elle Fanning) è la rappresentazione viva di questa bellezza. Secondo Platone, alla sola bellezza, fra tutte le sostanze perfette, “toccò il privilegio d’essere la più evidente e la più amabile” (Fedro, 250 e) ed è proprio il caso di Jesse che è sempre la prima ad essere notata dai fotografi, dalle modelle e dagli stilisti di moda. In sé, Jesse racchiude una bellezza pura e autentica che ammalia. Una verità ingerita che la rende una figura tanto delicata quanto preponderante, quella di essere la prediletta, colei che ha il potere di soggiogare il suo prossimo e di far in modo di ottenere tutto ciò vuole o desidera.

Lo si potrebbe definire dono o talento, ma è proprio da questo peculiare carattere che scaturisce l’invidia e la gelosia delle sue colleghe e delle sue “amiche”. Non è tanto Jesse, ma il demone che si porta dentro. Questo demone che esteriormente si mostra come un angelo venuto a redimere gli uomini dai loro vizi, ma che dentro cela la prevaricazione, l’odio, il disgusto, la violenza. Jesse in qualche modo diventa simbolo di quell’amore narcisistico che tutt’oggi domina nelle relazioni sociali.

Tutto il film è una violenta messa in discussione di che cosa sia il bello e di che cosa voglia dire amare se stessi. L’amore di facciata è un amore che non risponde a se stesso, ma risponde alle ragioni d’altri. Io mi sento bello quando percepisco che gli altri mi definiscono tale, in modo diretto e/o indiretto. Non è la persona che guardandosi allo specchio alla mattina si realizza come qualcosa che vive della e nella persona in un corpo che gli è dato e che quindi dovrebbe accettare per come è, ma che invece tende a schifarsi e a prendere come riferimento dei modelli.

Se provo soddisfacimento in un’estetica socialmente condivisa, con delle regole ben precise, l’immersione in tali canoni mi deve venire sempre più spontanea, sempre più facile, perché è così che posso avere consenso tra le mie conoscenze ed essere di regola accettato. Modifico me stesso e il mio aspetto per piacere e per piacermi e non viceversa.

Capirete che trovare una creatura ritenuta perfetta susciti un certo scontento in e per se stessi, quando abbiamo attuato tali dinamiche. Abbiamo fatto sforzi immani, siamo stati in palestra tutti i giorni, abbiamo mangiato sano, siamo dimagriti, ma ciò non basta per definirci come qualcosa di valore. Alla fine il nostro corpo che è in se stesso materia, diviene talmente tanto definibile come oggetto del nostro essere che è la nostra stessa persona a diventare oggetto. Si dice spesso “oggetto di desiderio” o “oggetto di attenzione” e non soggetto.

Diventiamo materialisti e consumisti di noi stessi. Ci “divoriamo” l’un altro per ottenere credito verso persone che noi riteniamo importanti per la nostra ascesa sociale. Chi si veste meglio, chi ha l’abito firmato, chi si trucca, chi si mantiene in forma ed espleta la sua forma fisica come fosse l’unica cosa vera e tangibile della persona. La personalità non esiste più. Esiste solo il nostro narcisismo. Quel tipo di bellezza distruttiva e, infine, autodistruttiva.  

Esisto io e l’io è derivativo di altri, ma noi pensiamo di essere meravigliosi quando ci infiliamo delle scarpe nuove o dei vestiti di lusso. Non pensiamo ad essere meravigliosi con le persone. Non pensiamo di essere meravigliosi con i nostri genitori o con i nostri figli. Viviamo nella e dell’apparenza di noi stessi. L’io appare, ma non si traduce in qualcosa di realmente tangibile. L’io è dominatore e al contempo dominato dal giudizio, dal pensiero degli altri. Quella bellezza che arriva dal “di dentro” e non dal “di fuori” è quella viva e vera della persona. Ciò che sta fuori è semplicemente il corrispettivo di ciò che vive all’interno di se stessi. Almeno è così che la vedo io.