CineMachine | Tokyo Godfathers

REGIA: Satoshi Kon ● CAST: Aya Okamoto, Yoshiaki Umegaki, Toru Emori, Satomi Kōrogi, Mamiko Noto, Ryuuji Saikachi, Kyouko Terase, Rikiya Koyama, Hiroya Ishimaru, Kouichi Yamadera, Akio Ohtsuka, Yuusaku Yara, Seizō Katō, Shozo Iizuka ● GENERE: animazione, commedia, drammatico ● DURATA: 92 minuti ● DATA DI USCITA: 4 febbraio 2005 (Italia)

Tokyo Godfathers del 2005 per la regia di Satoshi Kon.

Storia: A Tokyo, la vigilia di Natale, tre vagabondi trovano tra i rifiuti una bellissima neonata. Dopo qualche incertezza, i tre amici si mettono in testa di trovare i genitori della piccola. È l’inizio di un’avventura che li metterà di fronte al loro passato e cambierà per sempre il loro futuro.

Una storia appassionante quella che il regista Satoshi Kon racconta attraverso un’animazione volontariamente sgraziata che deforma i volti dei personaggi a seconda delle loro reazioni e dei loro stati d’animo. Questo per far in modo che lo spettatore si possa immedesimare senza alcun tipo di sforzo nei personaggi, nelle loro piccole e tragiche storie che diventeranno, dopo una progressiva e curiosa concatenazione di incredibili coincidenze, una fonte inesauribile di insegnamenti e forti emozioni.

“Potersi dire la verità è la linfa vitale dell’amore”. La verità è una flebile scintilla che vediamo trasparire nel rapporto che lega i nostri tre protagonisti. Tre come i tre magi. I loro caratteri, decisamente molto forti e spesso in contrasto tra loro, riescono ad amalgamarsi meravigliosamente dando quel sentore di umanità che spesso manca nella realtà di tutti i giorni. Non è quel classico aroma dolciastro che possiamo gustare in una fiction televisiva dove il buono si fa subito riconoscere per le sue incredibili qualità, ma è la visione di una realtà bassa come quella vissuta da tre barboni, giunti all’emarginazione sociale per colpe che sanno di avere nei confronti delle persona che amano e che desidererebbero tanto rivedere. Le nostre scelte, giuste o sbagliate, decidono che persona siamo o che persona saremmo portati a diventare. C’è verità più profonda ed inequivocabile di questa?

Come per Canto di Natale di Charles Dickens, Tokyo Godfathers è un film che si estende lungo un cammino di redenzione, facendo scaturire questo tipo di percorso intra e interpersonale quando i nostri tre protagonisti trovano Kyōko, una piccola bambina, in mezzo all’immondizia. I tre si trovano costretti a spendere i loro pochi soldi per accudire la neonata e, addirittura, trafugare le offerte sulle tombe per procurarle un vestiario di ricambio. È proprio dall’innocenza di questa piccola creatura che scaturisce in Gin, Miyuki e Hana il bisogno profondo di raccontarsi e rivivere i propri errori, cercando così di esprimere attraverso non solo il dialogo, ma anche nelle azioni e nei lunghi silenzi, i loro dolori e le loro angosce. Sarà proprio attraverso il loro lungo percorso per portare la bambina ai suoi veri genitori che essi troveranno quella pace e serenità che a lungo si erano negati l’un l’altra.   

Una storia che prende come base di riferimento l’opera letteraria di Peter B. Kyne, Three Godfathers,e in particolar modo uno dei suoi adattamenti cinematografici, il film In nome di Dio (1948) di John Ford. Un storia che vuole essere luce di speranza per tutti gli emarginati, per tutti colore che sono stati abbandonati o si sono abbandonati a se stessi, cadendo nell’egoismo e nell’inimicizia. Un film che da alla vita il suo giusto valore: “La vita è una cosa troppo importante! Noi veniamo al mondo soltanto una volta, io, te, Kyōko!”. Egualmente per tutti, la vita è preziosa e non c’è bisogno di troppi giri di parole per capire che se la vita è un bene prezioso, non andrebbe sprecata illudendosi o tormentandosi per i nostri errori. Si può sempre ricominciare. Si può sempre perdonarsi per ciò che abbiamo fatto.  

Il valore di una famiglia, per quanto diversi i suoi membri siano, è ciò che colora questa pellicola di emozione pura. Lo scontro è il momento in cui si svelano tutte le fragilità e i silenzi successivi sono quelli contemplativi di una vita gettata proprio tra i rifiuti è bellissimo scoprire la naturalità e spontaneità di questo meccanismo.  

Il disegno di Kon è un espressione psichica di incredibile fattura dove i fatti accadono e si susseguono in modo tanto fluido quando inatteso. Satoshi Kon è da considerarsi uno dei migliori animatori giapponesi degli ultimi vent’anni e mi dispiace dover avvisare, giustamente quelli di voi che non lo sapessero, che il regista è morto nell’agosto del 2010 all’età di soli 47 anni, lasciando dietro di sé delle storie stupende che ancora oggi meravigliano milioni di persone in tutto il mondo con i suoi contenuti psicologici e sociali veramente notevoli ed interessanti. E Tokyo Godfathers non è da meno.