CineMachine | Wistcutters – Una storia d’amore

REGIA: Goran Dukic ● CAST: Patrick Fugit, Shannyn Sossamon, Shea Whigham, Leslie Bibb, Will Arnett, Tom Waits, John Hawkes, Mark Boone Junior, Clayne Crawford, Abraham Benrubi, Chase Ellison, Nick Offerman, Sarah Roemer, Amy Seimetz, Azura Skye, Mikal P. Lazarev, Cameron Bowen, Adam Gifford, Mary Pat Gleason, Zia Harris ● GENERE: commedia, drammatico, romantico, fantastico ● DURATA: 88 minuti ● DATA DI USCITA: 17 marzo 2009 (Italia)

Wristcutters – Una storia d’amore del 2006 per la regia di Goran Dukic.

Storia: Zia, distrutto dall’abbandono della fidanzata, decide di farla finita. Sfortunatamente, scopre che non c’è una vera fine, ma un aldilà degradato, incredibilmente simile al mondo dei vivi, solo un po’ peggio. Dopo aver scoperto che anche l’ex fidanzata si è suicidata, intraprende un’avventura “on the road” alla sua ricerca, in compagnia dello stravagante amico musicista. I due incontrano ragazze attraenti e personaggi misteriosi; attraverso un singolare purgatorio, scoprono che essere morti non significa smettere di vivere.

Forse alcuni di voi, cari lettori, avranno pensato al suicidio. Forse il pensiero, per quanto stravagante e fuori moda, vi è balenato nel cervello. In Italia sono 3935 i decessi per suicidio, secondo i dati rilasciati dall’Istat nel 2017. La gente, attraverso questo gesto estremo, si toglie la vita. L’individuo scompare per alcuni e permane per altri in realtà ultraterrene. Lo stesso discorso può valere per chi si suicida, ma, comunque vadano le cose, il suicida spera di annullare, attraverso la morte, ogni tipo di preoccupazione ed ogni tipo di crisi, da quella emotivo-sentimentale a quella prettamente economica-finanziaria.

Un gesto disperato per alcuni, un gesto meditato per altri. Vi è comunque sofferenza e dalla sofferenza nessuno può scappare, nemmeno il protagonista di questa storia che potrà apparire light romantic per certi versi, ma che nutre un insolito e stranissimo fascino. A differenza di molti altri drammi dove il protagonista si ammazza per amore, in Wristcutters (letteralmente “coloro che si sono tagliati le vene”) il protagonista si è già ammazzato e lo vediamo all’opera in un aldilà alquanto originale. Nel nostro immaginario l’aldilà è il paradiso o l’inferno o il nulla più assoluto, il vuoto cosmico, qui invece ci ritroviamo in un mondo identico al nostro, con le stesse nevrosi, gli stessi problemi, solo un filino peggiorato, in quanto le persone che vi abitano si sono tutte suicidate, quindi immaginatevi l’allegria di questi individui che pensavano di poter risolvere tutti i loro problemi in così poco tempo e si ritrovano nello stesso posto dove erano prima e vivono né peggio né meglio di quando erano in vita.

Ironia della sorte o meno, il nostro protagonista si ritrova in questa assurda situazione, dopo essersi ucciso perché la sua ragazza lo aveva lasciato. Il pretesto classico per cui compiere un atto estremo. A tal proposito vi riporto qui un piccolo monologo ironico di Giorgio Gaber da “Polli d’allevamento” (1978): “Mi ricordo che una volta volevo ammazzarmi per amore. Mi aveva detto che non mi amava più, un attimo prima che glielo dicessi io, maledizione! Quel tanto che basta per farti impazzire! Ti senti escluso, abbandonato e lei non s’accorge neanche dell’ingiustizia che ti ha fatto e tu ti ammazzi, così impara e dopo ti amerà per tutta la vita … la sua”. Oltre l’ironia di questo piccolo soliloquio tragicomico, Gaber qui spiega perfettamente che l’atto del suicidio è fatto per mandare un messaggio indiretto alle persone. L’ultimo atto di una persona devastata, agognata, che non è riuscita a trovare in niente e nessuno un sostegno, un motivo valido per continuare a vivere e allora si uccide per esprimere in qualche modo questa sua sofferenza al mondo. Quello di Zia è un suicidio silenzioso, ma che racchiude in sé stesso un urlo gigantesco, come quello di molti.

Dopo tutto questo capovolgimento di significati, Zia comincia un viaggio alla ricerca di quell’amore perduto. In questa storia si è data una possibilità ad una persona che si è tolta la vita di riconquistare se stessa, attraverso un viaggio che ha come obiettivo uno dei fini più alti dell’animo umano, ma non pensate che sia tutto qui, ovvero che alla fine del viaggio l’amore arriverà e tutto si concluderà in una explosion di baci e carezze. Anzi il finale ha molto da insegnare, soprattutto a chi, in questo particolare momento della sua vita, sta vivendo molte situazioni difficili e non riesce a venirne a capo.

Un road movie fatto di amicizia e di autentico calore umano che spiega come la contemplazione del suicidio possa dare un significato alla vita, come già spiegava il grandissimo filosofo esistenzialista Jean-Paul Sartre. Non è l’atto in sé, ma tanto il pensiero che noi abbiamo di esso. Se pensiamo che uccidersi sia una via di fuga, non scommettiamo che sia l’unica ed inevitabile soluzione. Questo è palese in un breve dialogo che Zia ha con un suo amico prima di partire: “Io non voglio uscire. Uscire mi deprime e basta” e il suo amico “E cosa vorresti fare? Ucciderti?”.

Probabilmente vi state sottostimando e state sottovalutando tutte le miriade di possibilità che vi circondano. Fuggire, ma non da se stessi. Essere diretti e prendere la vita di pieno petto non è un’impresa facile. Come ho già detto dalla sofferenza nessuno può fuggire, ma chi vorrebbe vivere in un posto dove nessuno sorride? Cominciare da se stessi è sempre la soluzione migliori. Cominciate a sorridere, anche senza una reale ragione. Tirate fuori un po’ d’amore per voi stessi e per le persone che vi stanno attorno. Ricordate: la vita fa schifo, ma l’amore sopravvive.