CineMachine | Zombi

REGIA: George A. Romero ● CAST: David Emge, Ken Foree, Scott H. Reiniger, Gaylen Ross, David Crawford, David Early, Richard France, Howard Smith, Daniel Dietrich, Fred Baker, James A. Baffico, Rod Stouffer, Jese Del Gre, Clayton McKinnon, John Rice, Ted Bank, Randy Kovitz, Patrick McCloskey, Joseph Pilato, Pasquale Buba, Tom Savini, Marty Schiff, Taso N. Stavrakis, Sharon Ceccatti, Mike Christopher, Clayton Hill, Christine Forrest, George A. Romero, John Amplas ● GENERE: horror ● DURATA: 127 minuti ● DATA DI USCITA: 2 settembre 1978 (Italia)

Zombi (Dawn of the Dead) del 1978 per la regia di George A. Romero.

Trama: Durante un’epidemia in continua crescita di zombi, due membri della squadra SWAT di Philadelphia, un giornalista del traffico e la sua fidanzata esecutrice televisiva cercano rifugio in un centro commerciale. I quattro sopravvissuti si barricheranno al suo interno, rendendosi conto infine che il luogo scelto come rifugio si sta trasformando in una vera e propria prigione.

“Rivedere Zombi – o meglio farlo vedere a chi non lo conosce – è come assistere alla proiezione della copia restaurata di Il gabinetto del dottor Caligari (1920). Film potenti e integri, dalla visionarietà inesaurita, la cui accessibilità non riduce il fascino di un pezzo di storia, con la s maiuscola, con qualche rimpianto per l’assoluta qualità di ieri rispetto l’artificiosità di oggi.” Così scrive Marco Gervasini nella Prefazioni di George A. Romero: appunti sull’autore, un libricino di appena cento pagine presentato al Lucca Film Festival 2016. Un libro che racchiude tutta la passione e la stima che Marco Gervasini e Claudio Bartolini, il curatore, hanno verso uno dei registi contemporanei forse più incompresi: George A. Romero.

Romero non era un grandissimo tecnico, ma era un regista a cui piaceva raccontare delle storie che riflettevano in qualche modo sulla società contemporanea, la nostra società, smascherandone i vizi e le contraddizioni e gli piaceva farlo attraverso le sue creature, ovvero gli zombi. Di fatto Romero è stato quel regista che ha dato una svolta alla storia del cinema, portando sullo schermo lo zombi moderno, cioè il morto che ritorna in vita per cibarsi di carne umana.    

Con Zombi (1978) abbiamo forse l’apice della filmografia romeriana a livello di popolarità, secondo solo al La notte dei morti viventi (1968) che è diventato un vero e proprio classico del genere. Zombi parla della società dei consumi, del capitalismo giunto oramai alla sua espressione ed espansione massima togliendo di fatto realtà ai diversi modi di essere uomini. L’omologazione che ci percuote da decenni oramai è un fenomeno che ben tutti conosciamo, ma che è in qualche modo un qualcosa di non sentito come una minaccia reale o, per lo meno, è una minaccia che percepiamo, ma a cui sottostiamo tacitamente, in quanto se io in prima persona mi sento minacciato, allora cerco di reagire per difendere la mia persona, quando è un gruppo ad essere minacciato, entrano in gioco dei fattori strettamente connessi ad un sistema di relazioni, le quali sono state minate dalla nascita dei mass media, dei social network e delle diverse piattaforme di comunicazione che ci hanno completamente avulso dalla realtà e soprattutto dalle persone.  

Ciò che Zombi ci racconta è la netta parità che l’uomo della società dei consumi ha rispetto allo zombi, in quanto lo zombi non è capace di un raziocinio completo, ma si muove per soddisfare il suo bisogno primario che è quello di cibarsi, ma senza che questo cibo gli serva realmente per sopravvivere. Lo stesso vale per noi, i quali siamo portati a comprare e ad usufruire di diversi prodotti o servizi di cui potremmo perfettamente fare a meno. La differenza tra l’uomo della società dei consumi e lo zombi è che lo zombi è totalmente anarchico. In questo lo zombi supera di gran lunga l’homo oeconomicus, in quanto essi non si lasciano comandare e non si lasciano fermare, se non piantandogli una pallottola in testa. La loro avanzata è di portata apocalittica ed è tale in quanto lo zombi è un essere forte quando sta in mezzo ad un gruppo; la sua lentezza si rivela micidiale quando si muove in un branco di suoi simili. Lo zombi è strettamente anti-individualista. L’epidemia zombi diventa così una sorta di atto rivoluzionario a cui nessuno può sfuggire, se non nascondendosi e, triste a dirsi, è spesso più facile celarsi nel silenzio e nell’indifferenza che non prendere una posizione, rischiando di essere divorati.   

“Si tratta di una cosa molto semplice: i manichini sono ciò che i vivi desiderano essere. I vivi in realtà sono morti: sono più morti dei morti. Per me i manichini sono come delle icone, degli idoli, dei vitelli d’oro … Rappresentano una specie di ideale di bellezza collettivo e a volte mi capita di pensare che l’America sia devastata non dai film, dalla violenza, dalla televisione, ma dalla pubblicità. Si commettono più omicidi per avere un paio di scarpe da ginnastica Nike che per altri beni di consumo.”. Così ha detto Romero in un’intervista, spiegando la presenza ossessiva di manichini all’interno di Zombi. Non è una novità sentir dire che siamo tutti delle marionette. Sarà un discorso vecchio e ribadito più volte, ma sembra sempre più che le persone non ci facciano caso. Forse perché non vogliono o forse perché la comodità e la sicurezza che questo tipo di sistema ci da sono cose a cui ci aggrappiamo quotidianamente. Eppure c’è qualcun’altro che sta pagando per noi e noi nemmeno li vogliamo accogliere o, per lo meno, chiedergli scusa per tutti i soprusi e le ingiustizie che i nostri antenati hanno fatto nel corso della storia.   

Alla fine l’essere come dei manichini è il più grande compromesso a cui siamo scesi con noi stessi. Vogliamo fingere di star bene, quando in realtà stiamo male. Vogliamo illuderci di essere liberi, quando non siamo mai stati così distanti dall’esserlo. Quella che viviamo è una libertà apparente e ingannevole. Siamo liberi di comprare, di fare sesso, di scegliere tra vari dentifrici e via dicendo, ma in sostanza di libertà non ce n’è più. Siamo diventati succubi dell’economia. Tutta la nostra vita è determinata da essa. Forse questa sarà la grande battaglia del futuro. La battaglia contro l’economia che domina tutte le nostre vite. Proprio per il perverso sistema del consumismo la nostra vita è incentrata tutto sul mangiare, sul fare palestra, giochi, piaceri e una gran parte di queste cose tu non le vuoi, ma il sistema ti convince, ti adesca e ti obbliga a volerle.

Come i nostri protagonisti rinchiusi in un centro commerciale: hanno tutto ciò che gli occorre, se non addirittura il superfluo, ma sono imprigionati e non si possono muovere da dove si trovano senza incorrere in qualche pericolo. Con questa perfetta metafora della società dei consumi, Romero è riuscito forse a risvegliarci dalla “morte” attraverso questo tipo di storie e questo tipo di cinema.

Lasciate perdere il remake diretto da Zack Snyder. Perché fermarsi a metà strada? Se volete qualcosa di veramente e meravigliosamente significativo da guardare, guardatevi Zombi (Dawn of the Dead) di George A. Romero, il quale (mi dispiace doverlo scrivere) ci ha tristemente lasciato a luglio dell’anno scorso all’età di 77 anni. Un uomo che aveva dalla sua un pensiero chiarissimo, ovvero andare contro tendenza, diventando di fatto un alieno nel mondo del cinema, soprattutto in quello hollywoodiano. Un uomo che non ha solamente diretto film sugli zombi, ma che è anche riuscito ad evadere sia stilisticamente che tematicamente, mostrando anche una forma più autodidattica del cinema, come d’altro canto è stato per molti altri grandissimi registi come Alfred Hitchcock o Stanley Kubrick.

Se volete lo potete comprare nella bella e nuova edizione Blu-ray editata dalla Midnight Factory uscita nel 2016. Zombi di George A. Romero, inutile che lo dica, è e rimane per il sottoscritto, il piccolo e insignificante divulgatore, un vero capolavoro della storia del cinema horror e del cinema mondiale. Forse mi allargherò troppo, perché i veri capolavori sono ben altri, ma non si può morire e forse ritornare come zombi senza aver visto almeno una volta nella vita questo incredibile film.